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Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Convegno a Sondrio: inverno sostenibile
Ricevo e molto volentieri condivido questo comunicato stampa dell’interessante convegno, organizzato dall’Associazione Guide Alpine Val Masino – Val di Mello “Il Gigiat” sulla problematica degli sport outdoor (in particolare di quelli invernali) nei confronti della fauna selvatica, che si terrà a Sondrio il prossimo 28 novembre.
SONDRIO — Scialpinismo, freeride, escursioni con le ciaspole, eliski e motoslitte. Sono sempre più numerosi i frequentatori della montagna invernale, ma la fragilità degli ecosistemi montani, e in particolare della fauna nella fase di svernamento, richiede una riflessione e regolamentazioni condivise per limitare il rischio di compromissione del patrimonio naturalistico ed evitare conflitti nell’utilizzo degli spazi da parte dei praticanti.
È questo il tema del convegno “Le Alpi in inverno, conservazione della natura e attività turistiche: c’è spazio per tutti?” organizzato dall’Associazione Guide Alpine Val Masino Val di Mello “Il Gigiat” e promosso e sostenuto dal Collegio Guide Alpine Lombardia. Il convegno, che si terrà a Sondrio sabato 28 novembre 2015, è aperto a tutti e costituisce la prima fase del progetto “Inverno Sostenibile”.
L’Associazione Guide Alpine Val Masino – Val di Mello “Il Gigiat”, Associazione di Promozione Sociale da sempre attenta alle problematiche legate al territorio e alla sua conservazione, ha constatato come nell’ultimo decennio si sia registrato sul territorio provinciale ed extraprovinciale un netto incremento nella frequentazione degli ambiti montani in contesto invernale, legato per lo più alla pratica di attività ludiche e sportive. In particolare, appaiono in crescita considerevole le presenze umane in aree anche di notevole interesse naturalistico quali il Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi, il Parco Nazionale dello Stelvio, i SIC e le ZPS della Rete Natura 2000 provinciale, zone poste all’esterno dei comprensori sciistici classici, generalmente serviti dagli impianti di risalita.
Oltre alle più tradizionali discipline invernali, quali ad esempio lo scialpinismo, hanno acquisito rilevanza numerica anche le escursioni con ciaspole (diurne e notturne), la fotografia naturalistica, le discese con gli sci in neve fresca, oltre a pratiche solo parzialmente regolamentate, quali l’eliski e le gite in motoslitta.
La fragilità degli ecosistemi montani, e in particolare della fauna nella fase di svernamento, è ben documentata dalla letteratura scientifica e il rischio di compromissione del patrimonio naturalistico è sicuramente concreto in assenza di consapevolezza e regolamentazioni condivise e univoche. Allo stato di fatto, del resto, la molteplicità di interessi rappresentati dalle varie categorie di utenti e le esigenze implicite di alcune delle attività più impattanti si traducono spesso in conflitti nell’utilizzo degli spazi, complice anche l’oggettiva mancanza di controlli e di informazione. Si rende quindi ancora più necessaria una maggiore “educazione all’ambiente”, che passi attraverso azioni di sensibilizzazione su questi temi rivolte ai fruitori della montagna e soprattutto ai giovani.
Nasce da questa riflessione il progetto “Inverno sostenibile“, che prevede, in sinergia con tutte le realtà territoriali sensibili a queste problematiche, diversi appuntamenti. Il primo è il convegno “Le Alpi in inverno, conservazione della natura e attività turistiche: c’è spazio per tutti?” in programma il 28 novembre 2015 presso l’Auditorium Torelli di Sondrio.
Il convegno, moderato da Franco Brevini, professore dell’Università di Bergamo e giornalista del Corriere della Sera, prevede l’intervento di diverse Guide Alpine, tra cui Maurizio Folini, Antonio Perino e Alessandro Gogna, del Past Vicepresidente generale del Club Alpino Italiano Vincenzo Torti e di esperti faunistici, della gestione turistica e delle aree protette. Saranno analizzati gli esempi di alcune realtà territoriali italiane, quali quelle della Valchiavenna, della Valgrisenche e della Valle Maira, ed estere, come quella svizzera.
Scopo del convegno, promosso dal Collegio Guide Alpine Lombardia, è quello di dare il via a tavoli di lavoro per sensibilizzare e coinvolgere i vari portatori di interesse con lo scopo di trovare una proposta di zonizzazione condivisa e sostenibile, quanto meno per alcune attività di maggior impatto quale per esempio l’eliski.
Seguiranno poi nei primi mesi del 2016 altre attività a scopo divulgativo. Sono previste infatti 5 serate pubbliche rivolte alla cittadinanza che tratteranno le problematiche legate alla fauna alpina in inverno e metteranno in luce le modalità più consone per vivere l’outdoor rispettandola, e poi un progetto educativo che coinvolgerà 5 classi di scuole secondarie di secondo grado fra Sondrio, Tirano e Morbegno.
L’auspicio è che l’esperienza di “Inverno Sostenibile” diventi stimolo, punto di partenza, esempio perché a livello regionale e nazionale si possa arrivare in poco tempo a scelte condivise, coerenti, volte a garantire maggior salvaguardia ambientale e ad escludere l’insorgenza di aspri conflitti nell’uso del territorio.
È gradita conferma di partecipazione al convegno segnalando il proprio nominativo all’indirizzo mail invernosostenibile@guidealpine.net entro il 26/11/05.
Per informazioni e programma del convegno:
www.facebook.com/invernosostenibile
www.invernosostenibile.guidealpine.net
Sulle orme del tasso
C’è chi considera il tasso come un animale dannoso, altri addirittura come animale pericoloso. Io penso invece che sia un interessante rappresentante della fauna locale. Benché la letturatura lo definisca come un animale piuttosto aggressivo, specie se disturbato, le sue abitudini notturne e schive lo rendono senza dubbio un incontro fortunato per il fotografo.
Ora qualcuno penserà che io sia riuscito ad incontrarne uno… ma no, purtroppo non è così. Tuttavia nel corso dell’uscita fotografica organizzata lo scorso sabato mattina io ed Anita abbiamo trovato diverse tracce della sua presenza. L’ultima, quella più evidente, una grande tana con almeno cinque ingressi e moltissime impronte fresche davanti ad essa.
Nella cornice del Parco Naturale del Tessa, tra i boschi nei dintorni del paese di Naturno in Val Venosta, eravamo alla ricerca di pulsatille che in questo periodo dell’anno fioriscono sui pendii del Sonnenberg, in un ambiente che alterna tratti rocciosi al bosco di querce. In diverse occasioni, nel corso della mattinata, abbiamo osservato tane ed anfratti cercando di capire a chi potessero appartenere ed
una volta terminata la sessione fotografica floreale ci siamo dedicati all’osservazione dell’ambiente, particolarmente interessante e adatto all’appostamento sia per mammiferi (caprioli, lepri, ecc.) che per rapaci.
Tra gli altri segnali della presenza di qualche grosso mammifero, girando in cerca di fiori ho notato una zona di 3-4 metri quadri dove terra ed erba sono state scavate come alla ricerca di germogli. Tornato sul posto più tardi ho girato ulteriormente trovando alcune possibili tane per giungere infine a quella più grossa ed evidente di cui ho parlato poco sopra.
Non abbiamo trovato escrementi nelle immediate vicinanze (a parte quelli di capriolo), ma dalla tana si diparte un’evidente traccia di un sentiero probabilmente usato dall’animale durante le sue uscite notturne.
Da un lato speravamo si trattasse di una volpe, ma Anita ha escluso la volpe per la forma delle impronte che non ricordavano quelle di un canide. Effettivamente in alcune di esse si notava la presenza di cinque dita, cosa che faceva propendere per un altro tipo di animale. Le abbiamo quindi confrontate sullo smartphone con alcune immagini su Google e date le dimensioni della tana, la sua conformazione e tutti gli indizi trovati siamo giunti alla conclusione che poteva trattarsi di un tasso. Cosa poi confermata una volta rientrati a casa da alcuni naturalisti più esperti contattati su Facebook… si tratta proprio della tana di un tasso!
Fotograficamente parlando, la giornata non ci ha riservato particolari sorprese; la stagione non è ancora decollata ed i soggetti disponibili risultavano quindi pochi. Abbiamo comunque fotografato con discreti risultati le “nostre” pulsatille (Pulsatilla montana), nel mio caso cercando di ambientarle per sottolineare il contrasto tra la natura ancora dormiente ed i fiori stessi che, nel primo giorno di primavera 2015, si fanno spazio tra le foglie secche ed erba ingiallita.
Per quanto mi riguarda, comunque, l’aspetto più interessante dell’uscita è stato proprio il ritrovamento della tana di tasso, che mi ha dato lo spunto per approfondire le mie scarse conoscenze su questo mustelide ed apre a nuove possibilità fotografiche (anche se remote) per i mesi a venire. Non sarà certo facile, ma mi piacerebbe davvero molto riuscire anche solo a vedere un tasso dal vivo. Chissà…
Checklist osservazioni ornitologiche
Non è mia abitudine annotare le osservazioni fatte; probabilmente non si addice ad un vero birdwatcher, ma effettivamente non mi ritengo particolarmente esperto in tal senso nonostante mi piaccia la fotografia naturalistica. Ecco perché voglio cominciare a scrivermi per lo meno la lista delle specie contattate.
La maggior parte sono osservazioni fatte in Alto Adige; se sono state effettuate altrove lo indico a fianco.
Ad oggi, dunque, ecco la mia personale checklist con il nome comune italiano ed il nome scientifico in latino…
Alzavola – Anas crecca
Anatra mandarina – Aix galericulata (esemplari aufughi)
Cigno reale – Cygnus olor
Fischione – Anas penelope
Fistione turco – Netta rufina
Germano reale – Anas platyrhynchos
Marzaiola – Anas querquedula
Mestolone – Anas clypeata
Moretta – Aythya fuligula
Moretta codona – Clangula hyemalis
Moriglione – Aythya ferina
Oca del Canada – Branta canadensis (esemplari aufughi)
Oca lombardella – Anser albifrons
Oca selvatica – Anser anser
Ardeidi
Airone bianco maggiore – Ardea alba
Airone cenerino – Ardea cinerea
Airone guardabuoi – Bubulcus ibis (Pianura Padana)
Airone rosso – Ardea purpurea
Nitticora – Nycticorax nycticorax
Sgarza ciuffetto – Ardeola ralloides (Colfiorito – PG)
Tarabuso – Botaurus stellaris (Colfiorito – PG)
Laridi
Gabbiano comune – Larus ridibundus
Gabbiano reale – Larus michahellis
Gabbiano reale nordico – Larus Argentatus (Scozia, UK)
Mugnaiaccio – Larus marinus (Scozia, UK)
Sterna comune – Sterna hirundo (Caorle – VE)
Altri acquatici
Cormorano – Phalacrocorax carbo
Strolaga mezzana – Gavia arctica
Svasso maggiore – Podiceps cristatus
Tuffetto – Tachybaptus ruficollis
Uria nera – Cepphus grylle (Scozia, UK)
Rapaci
Allocco – Strix aluco
Aquila reale – Aquila chrysaetos
Astore – Accipiter gentilis
Civetta comune – Athene noctua (Lago di Garda – VR)
Falco di palude – Circus aeruginosus
Falco pecchiaiolo – Pernis apivorus
Falco pellegrino – Falco peregrinus
Gheppio – Falco tinnunculus
Gufo comune – Asio otus (Bibione – VE)
Nibbio bianco – Elanus caeruleus
Nibbio bruno – Milvus migrans
Poiana – Buteo buteo
Sparviere – Accipiter nisus
Trampolieri, rallidi e limicoli
Avocetta – Recurvirostra avosetta (Scozia, UK)
Beccaccia di mare – Haematopus ostralegus (Scozia, UK)
Folaga – Fulica atra
Gallinella d’acqua – Gallinula chloropus
Gru – Grus grus (stormo fotografato da molto lontano)
Pavoncella – Vanellus vanellus
Piro piro boschereccio – Tringa glareola
Piro piro culbianco – Tringa ochropus
Piro piro piccolo – Actitis hypoleucos
Piviere tortolino – Charadrius morinellus
Porciglione – Rallus aquaticus
Voltolino – Porzana porzana
Corvidi
Cornacchia grigia – Corvus cornix
Cornacchia nera – Corvus corone
Corvo imperiale – Corvus corax
Gazza – Pica pica
Ghiandaia – Garrulus glandarius
Gracchio alpino – Phyrrocorax graculus
Nocciolaia – Nucifraga caryocatactes
Taccola – Coloeus monedula
Altri passeriformi
Averla piccola – Lanius collurio
Balestruccio – Delichon urbicum
Balia nera – Ficedula hypoleuca
Ballerina bianca – Motacilla alba
Ballerina gialla – Motacilla cinerea
Beccofrusone – Bombycilla garrulus
Capinera – Sylvia atricapilla
Cardellino – Carduelis carduelis
Cesena – Turdus pilaris
Cincia bigia – Poecile palustris
Cincia bigia alpestre – Poecile montanus
Cincia dal ciuffo – Lophophanes cristatus
Cincia mora – Periparus ater
Cinciallegra – Parus major
Cinciarella – Cyanistes caeruleus
Ciuffolotto – Pyrrhula pyrrhula
Codibugnolo – Aegithalos caudatus
Codirosso comune – Phoenicurus phoenicurus
Codirosso spazzacamino – Phoenicurus ochruros
Culbianco – Oenanthe oenanthe
Fringuello – Fringilla coelebs
Frosone – Coccothraustes coccothraustes
Lucherino – Spinus spinus
Luì grosso – Phylloscopus trochilus
Luì piccolo – Phylloscopus collybita
Merlo – Turdus merula
Merlo acquaiolo – Cinclus cinclus
Migliarino di palude – Emberiza schoeniclus
Passera d’Italia – Passer italiae
Passera europea – Passer domesticus
Passera scopaiola – Prunella modularis
Pettirosso – Erithacus rubecula
Picchio muratore – Sitta europea
Pigliamosche – Muscicapa striata
Rampichino alpestre – Certhia familiaris
Rampichino comune – Certhia brachydactyla
Regolo – Regulus regulus
Rondine – Hirundo rustica
Rondine montana – Ptyonoprogne rupestris
Saltimpalo – Saxicola torquatus
Scricciolo – Troglodytes troglodytes
Spioncello – Anthus spinoletta
Storno – Sturnus vulgaris
Tordo bottaccio – Turdus philomelos
Tordo sassello – Turdus iliacus
Usignolo – Luscinia megarhynchos
Verdone – Chloris chloris
Verzellino – Serinus serinus
Altri
Colombaccio – Columba palumbus
Fagiano comune – Phasianus colchicus (probabilmente introdotto a scopo venatorio)
Gallo cedrone – Tetrao urogallos
Martin pescatore – Alcedo atthis
Picchio nero – Dryocopus martius
Picchio rosso maggiore – Dendrocopos major
Picchio verde – Picus viridis
Piccione selvatico – Columba livia (Gualdo Cattaneo – PG)
Rondone comune – Apus apus
Torcicollo – Jynx torquilla
Tortora dal collare – Streptopelia decaocto
Upupa – Upupa epops
Questo elenco probabilmente è incompleto (sicuramente sto dimenticando qualcosa) e probabilmente ben poca cosa rispetto alle oltre 350 specie contattate da chi ha partecipato al Big year nostrano, ma con 123 specie totali (di cui molte documentate) mi ritengo già abbastanza soddisfatto.
Ora la vera speranza è quella di riuscire, prima o poi, a ritrarle nel migliore dei modi attraverso l’obiettivo della mia fotocamera.
Mimetismo
Non tutti gli animali reagiscono allo stesso modo alla presenza umana. In alcuni casi questo dipende dalla specie, come ad esempio il piviere tortolino (Charadrius morinellus), difficile da trovare ma spesso molto confidente, al punto che i luoghi in cui viene rilevato sono segnalati in modo generico dai birdwatcher per evitare di recare troppo disturbo agli esemplari in migrazione. In altri casi la distanza di fuga varia da luogo a luogo; basti pensare ad esempio ai “folletti” della Val Rosegg in Engadina (cince, scoiattoli, nocciolaie, picchi muratori), conosciuti da quasi tutti i fotografi per la loro confidenza, così come alle marmotte del Passo Gardena che si avvicinano ai turisti fino ad arrivare a mangiare loro dalle mani.
Ma in genere gli animali selvatici non sono così facili da avvicinare e quindi nella fotografia naturalistica, in particolar modo in quella di animali, il mimetismo è una componente spesso fondamentale.
In circa 15 anni di fotografia, anche se solo negli ultimi mi ci sono dedicato in maniera “seria” (anche se sempre a livello amatoriale), ho sperimentato diverse tipologie di mimetismo. Inizialmente ho provato a sfruttare le postazioni fisse nei biotopi con scarsissimo successo, anche perché in Alto Adige sono spesso posizionate in luoghi molto frequentati da persone che vanno a farsi una passeggiata con il cane o a correre, quindi se da un lato possono essere utili a chi fa puro birdwatching, per la fotografia sono spesso inutilizzabili a causa della lontananza dei soggetti.
Girando per i biotopi a volte si trovano postazioni realizzate da altri appassionati con materiali trovati sul posto e/o teli mimetici. In qualche occasione mi ci sono infilato, lasciando naturalmente tutto al suo posto una volta finita la sessione fotografica. Non so se sia considerato lecito o meno, ma credo che se si ha buon senso non dovrebbe essere un problema.
Poi per qualche anno queste postazioni fisse le ho realizzate io stesso insieme ad altri amici, usando teli di colore verde, reti fogliate, stuoie in canna di bambù e, naturalmente, materiale trovato sul posto come foglie, rami, ecc.
Allo stesso tempo avevo comprato anche un capanno portatile Ameristep con sedia incorporata, anche se in molte occasioni è risultato un po’ scomodo per via dell’ingrombro e della necessità di una superficie piana; inoltre la sua dimensione era tale da renderlo abbastanza visibile e per l’avifauna è un elemento spesso troppo distinguibile dal resto del paesaggio (anche perché non mi era possibile lasciarlo in loco in modo da abituare gli animali alla sua presenza).
L’ultimo acquisto fatto, tuttavia, si è rivelato essere la migliore soluzione e che ad ogni uscita mi ha dato delle soddisfazioni. Si tratta di una semplice copertura mimetica in tessuto, dall’ingrombro molto ridotto una volta ripiegata e pratica da trasportare; la sua maggiore peculiarità, tuttavia, sta nell’addattarsi perfettamente alla persona che vi si nasconde senza lasciar intravedere la forma umana né tantomeno forme estranee all’ambiente circostante.
La capacità di mimetismo è davvero eccellente, come si può vedere nella foto qui a fianco nonostante la texture autunnale non proprio adatta alla vegetazione verdeggiante.
A prima vista si presenta come un semplice “lenzuolo” di colorazione mimetica, ma è realizzato appositamente a scopo fotografico: sulla parte frontale c’è un’apertura per l’obiettivo (di dimensioni generose per soddisfare le esigenze di tutti) e poco più indietro un’apertura verso l’alto destinata al flash. Poco sopra, all’altezza degli occhi, è cucita una retina dello stesso colore del telo che permette al fotografo di avere una visione di circa 180° davanti a sè. Sulla sommità, infine, si trova una cucitura di rinforzo a forma circolare studiata appositamente per la testa che permette di indossare il telo senza che si sposti.
Ovviamente questa soluzione non è priva di difetti… il più marginale è che non può essere utilizzato in caso di pioggia (a meno di essere ben equipaggiati sotto), anche se ne esiste una versione impermeabile. L’aspetto un po’ più critico riguarda invece la particolare attenzione che bisogna prestare ai movimenti sotto di esso; ogni movimento rischia infatti di renderci visibili, anche se nelle occasioni in cui l’ho utilizzato si è comunque rivelato più efficace delle altre soluzioni finora adottate.
Un’immagine su tutte, catturata grazie alla copertura mimetica, è quella dell’imbeccata delle upupe. Io e Anita avevamo un’intera famiglia di questi meravigliosi uccelli a 4-5 metri di distanza; abbiamo avuto la fortuna di trovare un campo dove si alimentavano e, nascosti tra gli arbusti o alla base dei noccioli con indosso il telo, siamo riusciti a seguire per lungo tempo gli animali da vicino senza recare loro alcun fastidio.
Questa ed alcune delle foto scattate quest’anno con l’ausilio del telo mimetico (altre le devo ancora postprodurre) le trovate nella gallery “Avifauna”.
Per chi invece fosse interessato al telo in questione consiglio di dare un’occhiata al sito LensCoat nella sezione “accessori” cercando il Kwik Camo o al sito tedesco Augenblicke-eingefangen dove, nella sezione Tarnung/Camouflage, se ne trovano varie versioni.
Bruchetti che passione!
Finalmente dopo mesi di calma piatta mi sono preso il tempo per sistemare un po’ di foto scattate quest’anno e di caricarle all’interno delle gallerie. Arrivati oramai a dicembre posso fare un bilancio di quest’anno che, rispetto agli ultimi, è stato sicuramente positivo.
Complice un meteo inclemente che ci ha accompagnato per tutta l’estate, le uscite fotografiche non sono state molte quest’anno e generalmente erano localizzate nei dintorni di Merano; questo però mi ha dato la possibilità di dedicarmi di nuovo alla fotografia macro che qualche piccola soddisfazione me l’ha sicuramente regalata.
Senza dubbio quella più grande è legata allo sfarfallamento delle libellule, evento sul quale ho scritto un articolo un po’ più approfondito che trovate nella sezione “Articoli” del sito. Ma sono anche altri i soggetti che ho avuto occasione di fotografare, tra cui alcuni bruchi diversi rispetto a quelli di vanessa dell’ortica visti oramai in mille occasioni.
Nelle foto qui sopra (che ritroverete anche nelle gallerie) si possono vedere i bruchi di due diverse farfalle, di una falena e la larva di una vespa. Finora le poche immagini di bruchi che avevo erano pubblicate nella galleria “Farfalle e falene”, ma dato che quelli che chiamiamo abitualmente “bruchi” non sono sempre larve di lepidotteri bensì anche di altri generi di insetti (come la larva di vespa della prima foto), ho pensato di creare una nuova gallery dedicata in modo più specifico a bruchi e larve.
Come distinguere il bruco di una farfalla da una larva di un altro insetto? In molti casi a prima vista non è così semplice ed anch’io l’ho scoperto da poco. La differenza sostanziale è il numero di zampe (o meglio di pseudopodi) che caratterizzano la larva. I bruchi possiedono infatti 3 paia di zampe nei primi segmenti toracici, che sono articolate e che diventeranno le zampe vere e proprie dell’insetto allo stadio adulto; sui segmenti addominali, al contrario, troviamo le “false zampe” che sono esclusiva dello stadio larvale.
Il numero di queste false zampe è variabile: nelle larve dei lepidotteri sono generalmente 5 paia, mentre in quelle di altri insetti (come appunto vespe, ma anche coleotteri e ditteri) sono in numero maggiore e si estendono lungo tutto il corpo.
Incontro inaspettato
Incontro inaspettato ed inedito aggiungo, perché il protagonista di questo incontro lo conoscevo solo di nome, ma non lo avevo presente nella mia mente; solo quando sono arrivato a casa, guardando le fotografie e consultando la guida, sono riuscito ad identificarlo. Parliamo del voltolino (Porzana porzana), un piccolo rallide migratore piuttosto raro da osservare che nella mia ignoranza inizialmente avevo scambiato per un porciglione (Rallus aquaticus).
Di ritorno da Velturno, dove con Anita, Eleonora e Massimo siamo andati a fotografare le pulsatille ho deciso di fermarmi a vedere se trovavo il martin pescatore.
Stavo osservando e fotografando dalla macchina un giovane airone cinerino lungo i canali d’irrigazione nelle campagne di Postal/Gargazzone, quando dietro di lui spunta un piccolo gallinaceo. All’inizio pensavo appunto fosse il “solito” porciglione, ma mi sembrava un po’ troppo confidente, al punto che sono riuscito ad avvicinarmi per fotografarlo anche scendendo dall’auto (cosa che con il porciglione sarebbe stato impossibile).
Poi osservandolo mi son reso conto che era abbastanza diverso perché il becco è decisamente più corto e non si trattava nemmeno di una giovane gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Di cosa si trattava allora? Arrivato a casa, sfogliando le pagine di “Uccelli d’Europa”, ecco svelata la misteriosa identità: voltolino, confermato anche dai birdwatchers della lista locale di EBN Italia.
E’ stata una piacevole sorpresa, perché è un dato interessante per la nostra regione e perché cercando un po’ di informazioni su di lui mi sono imbattuto nel sito uccellidaproteggere.it dove a proposito del voltolino si legge: «Avvistare un Voltolino è un evento memorabile. Nidifica in pochissime zone, e anche in quelle in cui è regolarmente presente ama starsene ben nascosto tra i canneti».
Ho inserito due scatti del simpatico voltolino (di cui uno è quello pubblicato qui sopra) e due del citato airone nella galleria “Avifauna“.
Pulsatille a Velturno
Sembra incredibile, ma sono 3-4 anni ormai che cercavo di fotografare la pulsatilla comune (Pulsatilla montana) senza troppi risultati. In qualche caso sono arrivato troppo tardi, quando i fiori erano già quasi tutti sfioriti, in altri quando invece c’era il vento a rendere impossibile ottenere uno scatto decente di questo bellissimo fiore primaverile, chiamato anche “Fior di Pasqua” per la caratteristica di fiorire proprio nel periodo delle festività pasquali.
Ed un motivo era anche il fatto che l’unico posto che conoscevo (scoperto con l’amico Paolo) si trovava a Naturno, lungo una passeggiata ai margini del Parco Naturale del Tessa dove tutta l’area è recintata e solo in pochi punti è possibile accedere e non necessariamente in questi punti si trovano i fiori in questione. Senza contare il vento che spira costantemente sulla Val Venosta…
Fortunatamente quest’anno le cose sono andate diversamente perché grazie ancora una volta agli amici della Manifattura Fotografica ho scoperto una nuova location, facile da raggiungere e piena zeppa di questi fiorellini affascinanti.
Il posto si trova a Velturno in Val d’Isarco, sul versante orografico destro della montagna tra i comuni di Bressanone e Chiusa e si rivelato non solo proficuo, ma bello da starci per il paesaggio sulla valle e l’aria pura che vi si respira. Compagni di uscita Anita, Eleonora e Massimo.
Le previsioni meteo erano piuttosto incerte quella mattina e sicuramente il tempo ha influito sulle foto, perché sarebbe sicuramente stato bello arrivare e trovare i fiori coperti dalle goccioline dell’umidità del mattino (erano previste nubi basse); invece il paesaggio intorno a noi si presentava estremamente brullo e secco, senza alcuna traccia di rugiada, ed il sole ci ha accompagnato tutto il tempo, rendendo i contrasti e le ombre un po’ più difficili da gestire.
Ma tutto sommato non mi posso lamentare dei risultati, di certo migliori di quelli degli anni passati.
Che sia stato il ferro di cavallo trovato nel campo a portarmi un po’ di fortuna?
Mi è piaciuto tornare a sdraiarmi nell’erba, con la faccia rasoterra, per cercare la migliore inquadratura per fotografare le pulsatille. Mi han detto, a posteriori, che quella è una delle zone dell’Alto Adige più ricca di serpenti ed effettivamente sia io che Anita abbiamo notato molti buchi nel terreno… poco importa. Anzi, speravo in un incontro (magari non troppo ravvicinato :suspect: ) con qualche rettile strisciante da immortalare con il mio obiettivo, ma non ne ho avuto il piacere…
A breve caricherò le immagini migliori nelle gallerie (devo completare la selezione di qualche altro scatto), ma nell’attesa ecco una piccola anteprima…
Migratori in sosta
Lo scorso fine settimana io, Massimo e Anita ci stavamo organizzando per un’uscita fotografica nella zona dolomitica; la meta precisa non era ancora definita, ma avevamo le idee abbastanza chiare su cosa fotografare. Purtroppo il giorno prima della nostra “gita fuori porta” il mio stomaco ha deciso di inscenare una protesta e così dopo aver passato la serata di venerdì con i crampi ho deciso di non unirmi alla piccola comitiva.
Con il cuore mi trovavo con gli amici ad osservare il tramonto dalla cima del Col di Poma (Zendleser Kofel) in val di Funes, anche perché hanno portato a casa un’esperienza e degli scatti davvero incredibili, ma fisicamente non ce l’avrei davvero fatta.
I momenti che ultimamente riesco a ritargliarmi per il mio hobby sono però pochi e quindi non ho voluto rinunciare completamente a far muovere l’otturatore della mia Canon 7D. Assieme all’esperto Luca Torchia, conosciuto in occasione della presenza del nibbio bianco a Bolzano e con il quale sono rimasto in contatto tramite social network, ci siamo quindi organizzati una mattinata alternativa, approfittando peraltro della presenza di qualche migratore ritardatario che sosta in questi giorni dalle nostre parti.
Dopo esserci trovati intorno alle 8.30 nei pressi di Terlano, io e Luca abbiamo inizialmente passato in rassegna i filari di mele alla ricerca di poiane, poi ci siamo fermati lungo un canale di irrigazione dove si stavano alimentando alcuni aironi (due bianchi maggiori ed un cinerino) ed infine ci siamo diretti al lago di Monticolo nel comune di Appiano dove nei giorni precedenti era stata segnalata la presenza di una strolaga mezzana (Gavia artica), uccello migratore che trascorre l’estate nei grandi laghi del nord (Scozia, Scandinavia, ecc.) e che in inverno attraversa il continente per svernare su parte delle coste del Mediterraneo.
Il piumaggio delle strolaghe in estate, ed in particolare proprio quello della strolaga mezzana, è molto vistoso ed elegante; in inverno è decisamente più anonimo, ma poiché non è un animale che frequenta abitualmente l’entroterra in questo periodo dell’anno (ed in particolare le nostre zone) l’occasione era comunque ghiotta!
Dopo breve ricerca e con un po’ di fortuna siamo riusciti ad individuare la strolaga, anche se avvicinarsi per tentare di ottenere un buono scatto è tutta un’altra cosa.
La prima occasione che ho avuto non ha purtroppo dato il risultato sperato: i riflessi dorati nell’acqua e la bella luce non son bastati ad ottenere un buono scatto poiché la strolaga si trovava ad una distanza troppo elevata e la messa a fuoco non è stata particolarmente precisa. L’abbiamo seguita per un po’, dopodiché la distanza tra noi e lei (o lui?) è diventata eccessiva.
Poi però abbiamo notato che si stava avvicinando sempre più ad un punto vicino alla riva del lago e quando abbiamo raggiunto il punto dove è emersa l’ultima volta ci si è presentata la prima vera (ed ultima) occasione per fotografarla; si trovava infatti a pochi metri dalla riva e non appena indivuata entrambe le nostre macchine hanno iniziato a scattare a raffica.
A casa in un primo momento mi ha preso lo sconforto perché buona parte degli scatti della mia raffica risultava fuori fuoco, ma fortunatamente tra le tante fotografie cestinate un paio si sono salvate e questa è una delle due…
Il punto di ripresa non è ottimale (ci trovavamo in cima ad uno scoglio), ma viste le condizioni e la relativa rarità dell’avvistamento mi ritengo comunque più che soddisfatto.
Mi sarebbe piaciuto provare ad abbassare il punto di ripresa, ma quando ho raggiunto la riva a pelo d’acqua l’animale si era ormai già spostato ad una distanza non sufficiente ad ottenere dei buoni risultati. Ed è stata appunto la prima ed ultima occasione, perché nella mezz’ora successiva abbiamo cercato di avvicinarla nuovamente, ma durante le sue immersioni si spostava ad una velocità davvero impressionante, attraversando metà lago in pochi secondi, tanto che il commento di Luca è stato: «Quella è Flash, non è una papera!».
Un ultimo giro, sulla strada del ritorno, l’ho fatto nelle campagne tra Bolzano e Merano (prima nella zona di Settequerce, poi nella zona del biotopo “Ontaneti di Postal”, ma qui la presenza di avifauna era molto scarsa.
La giornata nel complesso si è conclusa positivamente, anche perché la mia personale checklist si è ulteriormente ampliata. Oltre alla strolaga mezzana, al lago di Monticolo ho potuto osservare anche:
– un nutrito gruppo di germani reali (m+f)
– 9 moriglioni (7 maschi e 2 femmine)
– 1 moretta (anche questa una new entry per la mia personale checklist)
– 2 svassi maggiori
– un paio di poiane (5 in tutto, contando anche quelle viste nelle campagne)
– ghiandaie, codibugnoli ed altri piccoli abitanti del bosco
Il mio primo tortolino!
Approfitto di questa giornata in cui sono a casa con la gola pesantemente infiammata per raccontare quella che è stata una delle migliori uscite fotonaturalistiche degli ultimi anni.
Chi mi segue da tempo, probabilmente saprà che da oramai 4 anni nella prima metà di settembre mi reco costantemente a Merano 2000 in cerca di uno dei migratori più affascinanti che attraversano il nostro territorio: il Charadrius morinellus, meglio conosciuto come il nome comune di piviere tortolino.
Il primo tentativo l’ho fatto in compagnia di Giampiero Favero in occasione della “tre giorni del tortolino“, censimento nazionale dedicato proprio al nordico limicolo; nei due anni successivi, invece, in compagnia dell’immancabile Stefano Andretta. Tentativi andati a vuoto… almeno fino a quest’anno!
Ma andiamo con ordine e vediamo prima la scheda del piviere tortolino.
Il Charadrius morinellus, conosciuto con il nome comune di piviere tortolino o piviere tortolino eurasiatico, è un piccolo uccello limicolo che nidifica in zone a bassa pendenza nella tundra o in zone montane con vegetazione scarsa o assente e presenza di pietraie e rocce affioranti. E’ specie tipicamente migratrice che sverna nelle regioni desertiche dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente. Nel nostro Paese è piuttosto raro da vedere: sono conosciuti solo due siti di nidificazione in Italia, mentre può essere osservato abbastanza regolarmente durante il periodo migratorio (tra la fine di agosto e la metà di settembre) anche se le osservazioni sono tuttaltro che semplici dato l’ambiente in cui è solito sostare, mai sotto i 2000-2200 metri di altitudine. Si nutre prevalentemente di insetti (cavallette, coleotteri), ma non disdegna alcune piante tipiche dell’ambiente di alta quota.
A differenza di molti altri rappresentanti dell’avifauna, è piuttosto confidente nei confronti dell’uomo e per questo viene considerata una specie estremamente vulnerabile. Anche per questo motivo non voglio dare indicazioni troppo precise sul luogo di avvistamento…
Dalla breve descrizione fatta qui sopra, forse si capisce quale sia il motivo che i questi ultimi anni mi ha spinto alla sua ricerca. E finalmente, dopo 3 anni anni di uscite andate a vuoto, ho avuto l’enorme piacere di incontrarlo, proprio lì dove io e Stefano ci aspettavamo che fosse. Un unico esemplare giovane, ma l’emozione è stata comunque molto forte.
La giornata del 12 settembre (da appuntare sul calendario!) è iniziata nel migliore dei modi, con un piccolo gruppetto di cince dal ciuffo che ci ha accolto sulla strada non appena scesi dalla cabinovia che da Falzeben porta a Merano 2000. Luce poco adatta a fotografarle, ma ci sono state comunque di buon auspicio!
Salendo di quota abbiamo avuto il secondo – anche se breve – incontro della giornata: una grossa lepre che, subito accortasi della nostra presenza, si è dileguata in mezzo ai rododendri. Quasi impossibile fotografarla, ma già la vista di questi sfuggenti abitanti della montagna, sempre più rari, è qualcosa che riempie il cuore di gioia.
Arrivati finalmente nei pressi della meta, lungo il sentiero ho notato un uccello che si muoveva sull’erba, più grande dei soliti spioncelli e culbianchi che eravamo soliti incontrare. L’ho subito indicato a Stefano che dopo averlo guardato per un attimo col suo binocolo mi ha guardato ed ha esclamato: «Bravo! E’ lui!».
Da quel momento è iniziato un’estenuante “inseguimento” nella speranza, conoscendo la sua innata confidenza, di riuscire ad avvicinarci a sufficienza per fotografarlo. Non volevamo farlo scappare, quindi per qualche ora ci siamo lentamente avvicinati assecondando le sue scorribande in lungo e in largo per i prati senza disturbarlo troppo; l’abbiamo osservato mentre si alimentava con cavallette ed altri piccoli insetti e finalmente dopo un paio di ore eravamo sufficientemente vicini per riuscire a portare a casa delle belle immagini. Ma che fatica!
Intorno alle 14.00 eravamo ormai a 4-5 metri da lui, forse meno e le soddisfazioni non sono mancate. Alla fine della giornata ho portato a casa oltre 400 scatti che piano piano sto cercando di sistemare. Quelli che seguono sono solo una piccola selezione, mentre a breve conto di caricarle sul sito in dimensioni maggiori, anche se sono ancora indeciso se inserirle nella galleria “Avifauna” o creare appositamente una sezione monografica…
Come ho detto all’inizio, ritengo di poter dire con soddisfazione che questa uscita è stata una delle più riuscite… in assoluto probabilmente. Ho portato a casa delle immagini di cui sono finalmente orgoglioso e che mi hanno dato una nuova carica d’entusiasmo che negli ultimi tempi, forse, era andato un po’ in decrescendo. Nell’insieme la checklist delle specie osservate è la seguente:
- Piviere tortolino (Charadrius morinellus)
- Corvo imperiale (Corvus corax)
- Cincia dal ciuffo (Parus cristatus)
- Lepre variabile (Lepus timidus) in abito estivo
- Marmotta (Marmota marmota)
- Spioncello (Anthus spinoletta)
- Culbianco (Oenanthe oenanthe)
- Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros)
- Cornacchia (Corvus corone)
- Gheppio (Falco tinnunculus)
Ringrazio nuovamente Stefano per le preziose informazioni e per la bellissima giornata trascorsa insieme. E naturalmente… ci vediamo l’anno prossimo tortolino!
Torna il nibbio bianco…
…e io sono a letto con una forte lombosciatalgia. Ma si può!?
La notizia è di ieri, al punto che vista la data pensavo ad un pesce d’aprile. Invece oggi Maurizio Azzolini conferma che l’animale è nuovamente all’aeroporto di Bolzano. Dove sia stato per 27 ore nessuno lo sa! Quello che invece so è che a occhio prima di sabato non riuscirò a recarmi in loco. Sigh… :nono: