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Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Checklist osservazioni ornitologiche
Non è mia abitudine annotare le osservazioni fatte; probabilmente non si addice ad un vero birdwatcher, ma effettivamente non mi ritengo particolarmente esperto in tal senso nonostante mi piaccia la fotografia naturalistica. Ecco perché voglio cominciare a scrivermi per lo meno la lista delle specie contattate.
La maggior parte sono osservazioni fatte in Alto Adige; se sono state effettuate altrove lo indico a fianco.
Ad oggi, dunque, ecco la mia personale checklist con il nome comune italiano ed il nome scientifico in latino…
Alzavola – Anas crecca
Anatra mandarina – Aix galericulata (esemplari aufughi)
Cigno reale – Cygnus olor
Fischione – Anas penelope
Fistione turco – Netta rufina
Germano reale – Anas platyrhynchos
Marzaiola – Anas querquedula
Mestolone – Anas clypeata
Moretta – Aythya fuligula
Moretta codona – Clangula hyemalis
Moriglione – Aythya ferina
Oca del Canada – Branta canadensis (esemplari aufughi)
Oca lombardella – Anser albifrons
Oca selvatica – Anser anser
Ardeidi
Airone bianco maggiore – Ardea alba
Airone cenerino – Ardea cinerea
Airone guardabuoi – Bubulcus ibis (Pianura Padana)
Airone rosso – Ardea purpurea
Nitticora – Nycticorax nycticorax
Sgarza ciuffetto – Ardeola ralloides (Colfiorito – PG)
Tarabuso – Botaurus stellaris (Colfiorito – PG)
Laridi
Gabbiano comune – Larus ridibundus
Gabbiano reale – Larus michahellis
Gabbiano reale nordico – Larus Argentatus (Scozia, UK)
Mugnaiaccio – Larus marinus (Scozia, UK)
Sterna comune – Sterna hirundo (Caorle – VE)
Altri acquatici
Cormorano – Phalacrocorax carbo
Strolaga mezzana – Gavia arctica
Svasso maggiore – Podiceps cristatus
Tuffetto – Tachybaptus ruficollis
Uria nera – Cepphus grylle (Scozia, UK)
Rapaci
Allocco – Strix aluco
Aquila reale – Aquila chrysaetos
Astore – Accipiter gentilis
Civetta comune – Athene noctua (Lago di Garda – VR)
Falco di palude – Circus aeruginosus
Falco pecchiaiolo – Pernis apivorus
Falco pellegrino – Falco peregrinus
Gheppio – Falco tinnunculus
Gufo comune – Asio otus (Bibione – VE)
Nibbio bianco – Elanus caeruleus
Nibbio bruno – Milvus migrans
Poiana – Buteo buteo
Sparviere – Accipiter nisus
Trampolieri, rallidi e limicoli
Avocetta – Recurvirostra avosetta (Scozia, UK)
Beccaccia di mare – Haematopus ostralegus (Scozia, UK)
Folaga – Fulica atra
Gallinella d’acqua – Gallinula chloropus
Gru – Grus grus (stormo fotografato da molto lontano)
Pavoncella – Vanellus vanellus
Piro piro boschereccio – Tringa glareola
Piro piro culbianco – Tringa ochropus
Piro piro piccolo – Actitis hypoleucos
Piviere tortolino – Charadrius morinellus
Porciglione – Rallus aquaticus
Voltolino – Porzana porzana
Corvidi
Cornacchia grigia – Corvus cornix
Cornacchia nera – Corvus corone
Corvo imperiale – Corvus corax
Gazza – Pica pica
Ghiandaia – Garrulus glandarius
Gracchio alpino – Phyrrocorax graculus
Nocciolaia – Nucifraga caryocatactes
Taccola – Coloeus monedula
Altri passeriformi
Averla piccola – Lanius collurio
Balestruccio – Delichon urbicum
Balia nera – Ficedula hypoleuca
Ballerina bianca – Motacilla alba
Ballerina gialla – Motacilla cinerea
Beccofrusone – Bombycilla garrulus
Capinera – Sylvia atricapilla
Cardellino – Carduelis carduelis
Cesena – Turdus pilaris
Cincia bigia – Poecile palustris
Cincia bigia alpestre – Poecile montanus
Cincia dal ciuffo – Lophophanes cristatus
Cincia mora – Periparus ater
Cinciallegra – Parus major
Cinciarella – Cyanistes caeruleus
Ciuffolotto – Pyrrhula pyrrhula
Codibugnolo – Aegithalos caudatus
Codirosso comune – Phoenicurus phoenicurus
Codirosso spazzacamino – Phoenicurus ochruros
Culbianco – Oenanthe oenanthe
Fringuello – Fringilla coelebs
Frosone – Coccothraustes coccothraustes
Lucherino – Spinus spinus
Luì grosso – Phylloscopus trochilus
Luì piccolo – Phylloscopus collybita
Merlo – Turdus merula
Merlo acquaiolo – Cinclus cinclus
Migliarino di palude – Emberiza schoeniclus
Passera d’Italia – Passer italiae
Passera europea – Passer domesticus
Passera scopaiola – Prunella modularis
Pettirosso – Erithacus rubecula
Picchio muratore – Sitta europea
Pigliamosche – Muscicapa striata
Rampichino alpestre – Certhia familiaris
Rampichino comune – Certhia brachydactyla
Regolo – Regulus regulus
Rondine – Hirundo rustica
Rondine montana – Ptyonoprogne rupestris
Saltimpalo – Saxicola torquatus
Scricciolo – Troglodytes troglodytes
Spioncello – Anthus spinoletta
Storno – Sturnus vulgaris
Tordo bottaccio – Turdus philomelos
Tordo sassello – Turdus iliacus
Usignolo – Luscinia megarhynchos
Verdone – Chloris chloris
Verzellino – Serinus serinus
Altri
Colombaccio – Columba palumbus
Fagiano comune – Phasianus colchicus (probabilmente introdotto a scopo venatorio)
Gallo cedrone – Tetrao urogallos
Martin pescatore – Alcedo atthis
Picchio nero – Dryocopus martius
Picchio rosso maggiore – Dendrocopos major
Picchio verde – Picus viridis
Piccione selvatico – Columba livia (Gualdo Cattaneo – PG)
Rondone comune – Apus apus
Torcicollo – Jynx torquilla
Tortora dal collare – Streptopelia decaocto
Upupa – Upupa epops
Questo elenco probabilmente è incompleto (sicuramente sto dimenticando qualcosa) e probabilmente ben poca cosa rispetto alle oltre 350 specie contattate da chi ha partecipato al Big year nostrano, ma con 123 specie totali (di cui molte documentate) mi ritengo già abbastanza soddisfatto.
Ora la vera speranza è quella di riuscire, prima o poi, a ritrarle nel migliore dei modi attraverso l’obiettivo della mia fotocamera.
Rassegna stampa: Alto Adige del 11/05/2007
Da poco sono rientrato dalla seconda serata di proiezioni del “mio” fotoclub e devo dire che sono un po’ rammaricato per come è andata que’stanno. Ieri il quotidiano Alto Adige ci ha dedicato il consueto articoletto…
OGGI E DOMANI IN SALA CIVICA
Proiezioni con il Fotoclub Immagine
MERANO. Appuntamento fotografico stasera e domani, alle 20:30, in Sala Civica con il Fotoclub Immagine che per il 2° anno proporrà una doppia serata di proiezioni di fotografie digitali, realizzate dai soci e fotografi invitati da varie località italiane. L’intento è presentare il lavoro del club e al contempo offrire un panorama delle potenzialità offerte dalla fotografia digitale. Nelle proiezioni di Remo Forcellini, l’eleganza dei corpi dipinti del Festival di BodyPainting 2006 di Seeboden. Sempre sua la serie d’immagini in cui la figura umana viene elaborata in senso grafico. Impegno sociale e dramma teatrale si incontrano in “Don Chisciotte e le pale eoliche” di Paolo Tosi, che proporrà anche visioni, ora drammatiche, ora poetiche, di cime alpine. Fabrizio Giusti affiancherà alle coloratissime casette di Burano la poesia del manto nevoso illuminato dal sole. Luci e ombre saranno il soggetto dei paesaggi dalle rarefatte atmosfere di Mario Saiani. Franco Banda ci mostrerà immagini metafisiche di spazi post-industriali immortalati alla maniera di De Chirico. Di grande poesia le vedute di Parigi di Leidlieb Pfattner. Frutto della collaborazione di Banda e Pfattner anche il lavoro sul decadimento dei valori nella società. Altra co-produzione, realizzata da Toni Rizzolo e Silvana Cazzolli, il fotoreportage sul carnevale di Bagolino, nel Bresciano. Il genovese Figallo ci porterà negli scenari postbellici del recente conflitto fra Israele e Libano. Anche per Franco Ferrari immagini del mondo Body-painting e serene atmosfere naturali della Val Sella. Sono firmati Vanzan due lavori a tema alpino con valli e cime e colonne sonore altrettanto impegnative. Giuliano Nodari proporrà la sua visione della figura femminile. Giorgio Perbellini, invece, spazierà tra piccole creature del sottobosco ed evocative atmosfere medievali dei giochi cavallereschi di Sluderno, per concludere con un’interpretazione “pubblicità progresso”. (gi.bo.)
…ma nonostante tutto, la presenza è stata davvero scarsa, soprattutto nella serata di oggi. Certo anche la location non ha contributo a valorizzare le immagini: ieri, causa un malfunzionamento dell’impianto audio della sala, i vari lavori sono stati proiettati con un fastidiosissimo rumore di sottofondo… fortunatamente oggi Remo e Paolo hanno rimediato in qualche modo.
Vabbè, speriamo vada meglio l’anno prossimo! 🙄
Contrapposizioni
A volte rimango veramente impietrito di fronte a certi titoli dei giornali. Impietrito dalla crudeltà che alberga nella gente. Ci sono moltissimi episodi, ogni giorno, che danno seriamente da pensare: genitori uccisi dai figli nei modi più disparati, neonati gettati dalla finestra, prigionieri decapitati e quant’altro. E’ assurdo pensare che un essere umano possa arrivare a compiere atti del genere… eppure accadono.
E questa violenza si può osservare anche nel rapporto che gli uomini hanno con gli animali. Mentre aspettavo il mio pranzo (un Bauerntoast, ndr), oggi, leggevo il quotidiano Alto Adige dove in una colonnina della prima pagina veniva riportata una notizia: «Uccidono un leprotto trascinandolo con l’auto» (sicuramente il titolo non è esatto, ma il succo è lo stesso).
Secondo quanto rilevato dai carabinieri, infatti, due ragazzi avrebbero preso un leprotto sull’altipiano di Meltina, l’avrebbero poi legato all’automobile con una corda e trascinato per decine di chilometri fino al paese di Nalles! Ai carabinieri avrebbero detto che si è trattato di una bravata per divertirsi (!) e che l’animale l’avevano trovato sulla strada già morto. Ma la vicenda è tutta da chiarire e, comunque sia andata, ne sono rimasto davvero schifato!
Fortunatamente qualche pagina dopo mi è tornato il sorriso, leggendo che 10 vigili del fuoco si sono mobilitati, proprio a Merano, per salvare un cane che, caduto nel fiume e con gli arti ormai intorpiditi dal freddo, sarebbe sicuramente morto se non fosse intervenuto qualcuno.
E’ bello vedere che ai due ragazzi cinici della prima notizia si contrappongono ben 10 persone che non esitano ad entrare nell’acqua gelata del fiume per salvare un cane. Certo se non ci fossero notizie come la prima sarebbe decisamente meglio… :sospiro:
Rassegna stampa: Alto Adige del 18/11/2006
Dopo quello del 12 maggio scorso, ecco un altro articoletto dell’Alto Adige in cui si fa, tra gli altri, anche il mio nome. Naturalmente riguarda la mostra sociale del Fotoclub Immagine che verrà inaugurata questa sera in sala civica a Merano.
Fotoclub Immagine
Scatto in “Stile libero”
MERANO. Prende il via oggi alle 20.30, nella sala civica di Via Huber 8, la tradizionale mostra fotografica di fine anno dei soci del fotoclub Immagine. Ancora una volta sarà, dunque, il momento in cui diversi associati esporranno il frutto del lavoro svolto nel corso dell’anno. Ma accanto all’attività prettamente fotografica dei singoli, l’attività del club – sempre guidato da Franco Ferrari e rimasto l’unico attivo nella nostra città – ha sviluppato iniziative tese a divulgare l’arte della fotografia attraverso corsi di diverso livello e altre proposte sempre indirizzate al mondo fotografico, reso più accessibile dalla tecnica del digitale con la proiezione di diversi affascinati progetti.
I soci che esporranno in quest’occasione sono dieci e seguendo il tema “Stile Libero” dato alla mostra, ognuno traccerà un proprio percorso. Aldo Pellati attingerà dalla sua esperienza di giramondo con una particolare attenzione alle sue scorribande tra le dune e la sabbia dei deserti dell’Africa; Toni Rizzolo, anche lui ormai attento viaggiatore, offrirà immagini che coglieranno momenti di vita quotidiana in terra boliviana. Silvana Cazzolli getterà invece il suo sguardo sul circostante, alla ricerca di simmetrie affascinanti, mentre Giorgio Perbellini e Paolo Tosi, amanti della natura, si occuperanno di documentare la flora e la fauna alpina. Gabriele Modenesi svelerà la Merano colta nella sua stagione cromaticamente più emozionante, l’autunno d’oro, mentre Giorgio de Lorenzi offrirà una testimonianza riguardante i treni e su tutto quanto ruoti attorno ad essi. Sempre attento nel cogliere la gente che si muove nelle nostre città, Franco Banda ha voluto intitolare la serie di sue fotografie “people”, gente. Fabrizio Giusti presenterà una serie d’immagini scattate nell’affascinante Burano, mentre Leidlib Pfattner della fotografia ha voluto sfruttare il suo elemento essenziale: la luce. Ed infatti i suoi lavori si affideranno ad un gioco di luci, ombre e riflessi. Ultimo espositore della serie, Remo Forcellini. Tra i più tecnici per quanto concerne la tecnica del digitale, in quest’occasione dedicherà le sue opere al pittore Magritte ripercorrendone, a suo modo, le opere più significative. La mostra da lunedì a venerdì sarà visitabile dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19. (gi.bo.)
Vabbè, ok… prima o poi farò anche una personale, come si dice in gergo, ma mi sa che di tempo ne dovrà passare ancora un bel po’! :drop:
Italiani in Alto Adige: un po’ di storia
Nell’ultimo post scritto, ieri mi sono ritrovato questo commento scritto da Pippo & Saso:
«Ma scusate se vi dico una cosa interessante… perchè non ve ne tornate a casa vostra in Austria. Maledetto De Gasperi che vi ha concesso la rendita fissa…che dio vi maledica… VIVA L’ITALIA. Comunque invece di scrivere questo stupido blog, vai a lavorare e vai in Austria».
Pur sentendomi offeso per quanto scritto, ed in particolare per l’ultima frase, ho deciso di non cancellare il commento in questione a dimostrazione di quanta ignoranza ci sia ancora oggi sulla situazione altoatesina. E non è la prima volta che mi sento dire: «Ma come! Sei bolzanese quindi sei tedesco»…
Questo post quindi vuole fare un po’ di chiarezza sulla storia dell’Alto Adige dal 1919 ad oggi, soprattutto per far capire CHI SONO gli italiani che oggi vivono nel “Sudtirolo”.
STORIA DELL’ALTO ADIGE
Alla fine della prima guerra mondiale, nel 1919, l’Alto Adige viene attribuito all’Italia senza obbligo di tutela della minoranza tedesca. Il governo e il re Vittorio Emanuele si sono impegnati in questo senso, ma nel 1922 Mussolini fa revocare una serie di disposizioni speciali emanate a favore delle minoranze.
Nel 1923, con Tolomei, ha inizio un processo di italianizzazione dell’Alto Adige: uso esclusivo della lingua italiana negli uffici pubblici, chiusura di gran parte delle scuole tedesche e incentivi all’immigrazione da altre regioni italiane (tra cui i miei nonni e bisnonni!). Naturalmente questo incontra le opposizioni di alcuni gruppi che, tra l’altro, fondano scuole clandestine in lingua tedesca.
Nel 1935, la realizzazione della zona industriale di Bolzano è accompagnata da una massiccia immigrazione di lavoratori, con le loro famiglie, da altre zone d’Italia, in particolare dal Veneto (da cui il mio cognome ha infatti origine). A Bolzano vengono aperti gli stabilimenti Montecatini, Lancia, Magnesio e Acciaierie.
Nel frattempo in Germania acquista sempre maggior potere il nazismo di Hitler, che viene visto come un possibile liberatore dai sudtirolesi, ma nel 1938 Mussolini ottiene dal Führer rassicurazioni sull’intoccabilità del confine italiano. L’anno successivo ai sudtirolesi viene offerta un’opzione: restare nella propria terra, rinunciando alla propria identità culturale, oppure optare per la cittadinanza tedesca e lasciare per sempre l’Alto Adige.
Nel 1940 scoppia la seconda guerra mondiale, in cui l’Italia è alleata con la Germania di Hitler. Tre anni dopo, in seguito ad un armistizio, le truppe tedesche occupano la provincia di Bolzano e molti cittadini italiani che si oppongono al nazionalsocialismo vengono uccisi o deportati nei campi di concentramento.
Nel 1945 la guerra finalmente finisce; le truppe alleate entrano in Alto Adige costringendo al ritiro le truppe naziste. La popolazione di lingua tedesca forma un partito di raccolta, la SVP (Südtiroler Volkspartei, tutt’oggi primo partito dell’Alto Adige), ed auspica un ritorno del territorio all’Austria. Tuttavia il 5 settembre 1946 Alcide De Gasperi e l’allora ministro degli esteri austriaco, Karl Gruber, firmarono un accordo che confermava il Sudtirolo come territorio italiano e consentiva il rientro degli emigranti sudtirolesi che nel 1939 avessero scelto di trasferirsi in Austria.
Nel 1948 viene quindi istituito lo Statuto speciale, tuttora in vigore, con il quale si concedeva un’ ampia autonomia amministrativa alla Regione Trentino-Alto Adige: fu affermato il bilinguismo italiano/tedesco, furono istituite scuole in lingua tedesca, venne introdotta la toponomastica bilingue. Ma la popolazione tedesca non era ancora soddisfatta perché, a loro avviso, troppi italiani venivano qui in cerca di lavoro dalle zone più disagiate dell’Italia. Cosicché negli anni ’60 ci furono numerosi attentati dinamitardi a danno di strutture italiane, con conseguente opposizione delle Forze dell’Ordine tra cui ci sono stati diversi morti.
Tutto il resto è poi storia recente. Gli attentati sono andati avanti per quasi 30 anni; l’ultimo risale all’autunno del 1988! In un clima simile la convivenza è tutt’altro che facile. Non è raro l’utilizzo del termine “etnie” (cfr Wikipedia), a sottolineare la divisione tra i due gruppi linguistici, anche se qualche passo avanti verso l’intregrazione è stato fatto.
GLI ITALIANI IN ALTO ADIGE
La convivenza tra i due gruppi linguistici dell’Alto Adige viene oggi resa difficile anche dai disagi che la popolazione italiana deve affrontare. Lo Statuto di autonomia tutela la minoranza tedesca, spesso a scapito di quella italiana dato che la Provincia è di fatto in mano al partito della SVP. In particolare i problemi per gli italiani dell’Alto Adige, figli e nipoti dei molti emigranti, sono 3:
a) la necessità di possedere l’attestato di bilinguismo (italiano/tedesco) per l’accesso ai posti di lavoro pubblici; la lingua tedesca è più difficile da imparare a causa della costruzione piuttosto diversa della frase e dell’innumerevole quantità di vocaboli “ostici”. Senza contare che all’esame per ottenere l’attestato c’è chi è stato bocciato per non aver saputo descrivere le parti della mongolfiera (senza conoscerle nemmeno in italiano)…
b) la distribuzione delle ricchezze (e quindi, di fatto, del potere) sbilanciata nettamente a favore della popolazione tedesca; è naturale che sia così, proprio perché gli italiani dell’Alto Adige sono per lo più figli e nipoti di emigranti venuti in questa terra in cerca di lavoro, a differenza della popolazione tedesca che possedeva (e possiede tuttora) gran parte delle proprietà immobiliari e terriere.
c) il sistema proporzionale adottato come criterio per l’attribuzione dei posti di lavoro pubblici (sempre che si abbia l’attestato di bilinguismo di cui al punto A) e per le sovvenzioni provinciali. Faccio un esempio: se in un ufficio pubblico ci sono 10 posti di lavoro disponibili, 6 sono destinati a persone di madrelingua tedesca, 3 a persone di madrelingua italiana ed 1 ad una persona di madrelingua ladina. Questo sistema tiene conto del totale della popolazione del territorio, senza però calcolare che l’effettiva necessità di lavoro nei posti pubblici è della popolazione italiana (perché molti di madrelingua tedesca sono occupati nel settore agricolo o alberghiero… e non hanno certo bisogno di un posto pubblico).
Il tutto viene regolato dal censimento che obbliga ogni cittadino altoatesino a dichiarare la propria appartenenza ad un gruppo linguistico; le schede compilate sono conservate in un apposito ufficio del Tribunale di Bolzano a cui è necessario rivolgersi in particolare quando si deve partecipare ad un concorso pubblico.
Da notare che, pur di lavorare, non sono pochi quelli che si dichiarano appartenenti al gruppo linguistico tedesco rinunciando, seppur in minima parte, a difendere la propria identità culturale.
Con questo spero di aver fatto un po’ di chiarezza e spero che siano in molti quelli che, leggendo, conosceranno un po’ meglio questo pezzetto d’Italia che spesso viene attribuito, in modo del tutto errato, al territorio austriaco.
Bruno continua a far parlare di sé
Prima di tornare a parlare di Bruno, una brevissima riflessione – su spunto di Yubi – su come è stata trattata l’intera vicenda. E’ giustissimo che la notizia abbia avuto tutto questo rilievo, ma è triste che si debba arrivare a casi limite per rendersi conto di quanto ogni giorno perdiamo. A volte ci si accorge che qualcosa manca solo quando non c’è più, altre volte invece le cose passano del tutto inosservate. E così c’è chi si stupisce di non sentire più le rondini gridare nel cielo d’estate o di vedere le lucciole quando si reca in campagna o in montagna; per altri, invece, queste cose non sono importanti… ma l’orso… eh, quello sì che lo vedono!
Bando alle polemiche, leggendo oggi l’Alto Adige trovo ancora numerose reazioni sull’abbattimento di Bruno. Non so a livello nazionale se la notizia ha avuto così ampio rilievo (ne parla comunque Beppe Grillo nel suo blog), ma a livello locale sta creando un vero e proprio fiume di opinioni. Sul quotidiano di oggi c’erano di nuovo quattro pagine dedicate alla vicenda: un’intera pagina che ricostruisce le ultime ore di vita di Bruno (scacciato poco prima dal alcune mucche al pascolo), diversi riquadri con le reazioni di politici ed associazioni (un po’ quelli che avevo indicato ieri), un articolo di mezza pagina sul progetto “Life Ursus” e soprattutto molte lettere arrivate in redazione dai lettori del quotidiano. Ma non solo.
Qualche stralcio delle lettere:
«Siamo di fronte all’ennesima prova che l’essere umano ha avuto un grande dono dalla vita, ma non è in grado di gestirlo… l’intelligenza!»
«Sono indignato e offeso da tanta barbarie. Mi riferisco a quei criminali che hanno sparato: si, è vero, su ordine governativo, ma la loro coscienza? Potevano tranquillamente usare un dardo soporifero […]».
«Grave scelta quella di abbattere Bruno. Non mi è chiaro se è stato ucciso da cacciatori comuni o gente dal grilletto facile mandata lì apposta dal governo…»
«Lavoro da diversi anni all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, dove gli orsi bruni vivono da sempre. Non sono animali socievoli, ma aggrediscono solo se si sentono in vero pericolo […]. Sappiate che i lupi e gli orsi, quando sentono odore umano fuggono. Perciò ritengo che la caccia sia stata spietata».
«Uccidendo Bruno la Germania ha lanciato un messaggio devastante sul piano educativo. Inoltre, la voce delle sensibilità civili e animaliste è stata bypassata con spocchia e pseudo argomentazioni logistico-etologiche da far paura. Vincono i cacciatori, perciò, vince la legge del più forte a far da velo trasparentissimo all’incapacità di allestire un piano per la cattura dell’animale per un suo ricollocamento negli spazi più idonei alla sua ed altrui sicurezza».
E c’è anche chi ha risposto con una lettera molto ironica all’alpinista (nonché deputato europeo) Reinhold Messner dopo che quest’ultimo aveva espresso il suo parere in merito alla questione facendo quasi della “psicanalisi animalesca”, sostenendo tra le altre cose che Bruno non si sarebbe reso conto che il posto dov’era finito non era il suo habitat naturale, che il suo habitat in realtà erano i boschi del Trentino dove è nato… mah!
Ad ogni modo alle lettere di lettori indignati si aggiungono anche alcune lettere polemiche nei confronti del “buonismo” diffuso di questi giorni. E tutto sommato qualcuno ha anche ragione, come l’autore del primo dei tre stralci di lettere seguenti che si riallaccia al discorso con cui ho aperto questo post e con il quale mi ritrovo certamente d’accordo (e potrebbero essere citati moltissimi altri casi simili a quello indicato).
«Attenti al buonismo forzato da “settimo cielo”, per l’orso bruno. Ovviamente, esistevano alternative ed è molto strana una reazione del genere da un Paese, la Germania, che ha una sensibilità venatoria più accentuata della nostra. I problemi dell’animalismo spinto non sono questi! Sono i casi dello scoiattolo americano nel bosco di Stupinigi, che in breve ha quasi totalmente decimato la popolazione degli autoctoni […]».
«Sono sicuro che tutti coloro che hanno versato lacrime per l’orso ucciso (stupidamente ed inutilmente, ovvio…) non mangiano più carne animale, altrimenti perché non piangere per i milioni di polli o maiali macellati ogni giorno?»
«E se un giorno quell’orso aggredisse un bambino anziché le pecore, che cosa direbbero quelli del WWF che lo hanno liberato?»
All’ultima delle tre lettere citate, però, risponde involontariamente un altro lettore con queste parole:
«La scorsa settimana ero in bici a Caprera. C’era un cartello stradale: “Vietato dar da mangiare ai cinghiali”. Anche un cinghiale potrebbe aggredire un bambino, come un cane od un gatto! Abbattiamoli tutti».
Ancora sull’orso ucciso in Germania
Ha avuto un certo rilevo la notizia dell’orso, amichevolmente battezzato come “Bruno”, abbattuto alle 4.50 di ieri nel sud della Germania. Il quotidiano locale, l’Alto Adige, ha dedicato alla vicenda un ampio spazio in prima pagina ed un dettagliato servizio all’interno (da pagina 16 a pagina 20); numerose sono state le reazioni del mondo ambientalista ed anche di quello politico con il leader dei Verdi nonché Ministro per l’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e numerose personalità politiche del Trentino Alto Adige. Da ogni parte arrivano condanne nei confronti di quest’azione che ha risolto il problema (comunque reale e riconosciuto) nel peggiore dei modi possibili.
Ecco alcune reazioni.
WWF Italia (fonte: www.wwf.it)
«“Abbattere animali appartenenti a specie protette è un atto gravissimo – accusa Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia – L’orso Bruno tra l’altro è il frutto di un progetto di conservazione, è un esemplare nato da soggetti reintrodotti nell’ambito del progetto Life Ursus al Parco dell’Adamello-Brenta. Noi del WWF cerchiamo di lavorare a favore della conservazione. Qualcuno invece altrove spara, distruggendo anni di lavoro”.
In più occasioni il WWF ha in queste settimane offerto e messo a disposizione la propria esperienza nella gestione dei conflitti, per altro risolti con successo in Italia, specie in Abruzzo. L’orso era monitorato e tutte le informazioni erano trasferite alle autorità locali.
“Non c’è giustificazione per quanto accaduto stamattina all’alba. – sostiene Michele Candotti, Segretario generale WWF Italia – Battute di caccia contro un orso sono il segno di una sconfitta. Ci sono misure e tecniche consolidate per allontanare gli orsi dai centri abitati. Ci scandalizziamo quando in Africa o in India le popolazioni locali uccidono specie protette come elefanti, tigri. Noi oggi non abbiamo nulla da insegnare. Abbiamo agito esattamente allo stesso modo”.
L’intera vicenda dell’orso Bruno mostra poi come nella rete ecologica europea si siano aperte falle vistose. Non c’è continuità nella rete, né condivisione di metodologie. E’ necessario ripartire dal recupero di questa continuità per scongiurare brutte sconfitte come quella di oggi».
LAV – Lega Anti Vivisezione (fonte: www.infolav.org)
«“La condanna a morte di Bruno è stata una decisione vergognosa – dichiara Ennio Bonfanti, responsabile del settore ‘fauna’ della LAV – perché non c’era nessun motivo per ucciderlo: bastava risarcire gli allevatori di pecore eventualmente danneggiati e aspettare che Bruno ritornasse nel fitto delle foreste, magari nelle Alpi italiane da dove proveniva. Si è trattato di un killeraggio premeditato, dettato da una inaccettabile quanto primitiva paura di un animale che nell’ignoranza è sempre stato dipinto come nemico dell’uomo. La sua imbalsamazione, poi, rappresenta un grottesco e macabro atto di disprezzo per la vita di un essere vivente”.
La LAV fa notare che in Italia le leggi vigenti avrebbero assolutamente impedito la fucilazione di Bruno, che per il nostro diritto (legge 157 del 1992) è una “specie particolarmente protetta” considerata quale “patrimonio dello Stato” da tutelare anche “nell’interesse della comunità internazionale”. E’ paradossale ed incredibile che la Germania – dai più ritenuta un Paese con una sensibilità verso la natura e gli animali maggiore di quella riscontrabile in Italia – abbia deciso di fucilare l’innocuo orso per il quale il Governo italiano (nella persona del Ministro dell’Ambiente on. Pecoraio Scanio) aveva ufficialmente chiesto la “grazia”.
“E’ stata palesemente ed arrogantemente violata la Convenzione di Berna sulla vita selvatica in Europa del 1979, recepita in tutta l’Unione con la Decisione 82/72/CEE del 1981 – denuncia Bonfanti – che tutela gli orsi europei. Chiederemo quindi alla Commissione europea di aprire una procedura d’infrazione contro la Repubblica tedesca per violazione del diritto comunitario. In ogni caso, chiediamo al Ministro Pecoraio Scanio di protestare ufficialmente contro questa vergognosa esecuzione chiedendo l’intervento ufficiale del Comitato permanente di vigilanza sulla Convenzione presso il Consiglio d’Europa”».
Alfonso Pecoraro Scanio, Ministro dell’Ambiente (fonte: Alice News)
«“Un brutto segnale per chi ha a cuore il ritorno e la difesa di questo animale”. E’ il commento del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sull’abbattimento di Jj1, l’orso che aveva passato il confine italiano, finendo in Baviera dove le autorità gli hanno dato la caccia per settimane. “Abbiamo fatto di tutto per cercare di evitare quanto accaduto. Putroppo non ci siamo riusciti – aggiunge Pecoraro – Ma l’ondata di simpatia che si è diffusa in queste settimane intorno a ‘Bruno’, così come le reazioni negative oggi alla notizia della sua uccisione, ci fanno ben sperare per il futuro. Ecco, la brutta notizia di oggi almeno rafforza la convinzione di quanto l’orso sia amato e ben visto”. […]
“Il Governo Italiano – sottolinea Pecoraro – non può che fermamente richiamare l’attenzione dei paesi europei interessati al rispetto dei principi di cui all’allegato 1 della Direttiva Habitat, e riconfermare l’opportunità che, indipendentemente da ogni protocollo per la gestione dell’orso, ci si attendeva un coordinamento più accentuato al fine di salvaguardare la vita dell’animale. L’Italia non può accettare che il controllo della popolazione alpina di orsi avvenga attraverso l’abbattimento di individui.
Lo sconfinamento di esemplari appartenenti alla crescente popolazione italiana rappresenta sicuramente un elemento di successo del progetto ‘Life Ursus’, attivo in Trentino e cofinanziato dalla Comunità Europea. Tale progetto prevede infatti nei prossimi anni il raggiungimento di una popolazione di 40-50 orsi che non possono in alcun modo rimanere all’interno del territorio trentino. Tale situazione rende indispensabile un coordinamento ed un raccordo tra i protocolli di gestione dell’orso nei diversi paesi, nel pieno rispetto di quanto previsto dalla Direttiva Habitat e dalla Convenzione di Berna.
L’Italia – ha continuato Pecoraro – sta anche approntando un progetto di supporto strategico alla nuova situazione con un budget di 230 mila euro destinato alle attrezzature per il radiomonitoraggio, alla cattura e trasporto degli orsi, al potenziamento dei laboratori di genetica, ai corsi di formazione, alla costituzione della banca dati e, come estrema soluzione, anche ad attrezzare nuove aree faunistiche di recettività per individui problematici”».
Il lupo torna in Alto Adige
Lo apprendo dalle pagine del quotidiano “Alto Adige” che su questo argomento ha scritto un articolo (pag. 16 dell’edizione di giovedì 1 giugno). In realtà non ha ancora scavalcato il confine, ma pare che al momento si trovi in una zona della Svizzera confinante con la Val Venosta. Ma gli esperti dicono che è solo questione di tempo: il lupo, dopo l’orso e la lince, farà ritorno in Alto Adige! Questa è certamente un’ottima notizia dal punto di vista della biodiversità, che andrà ad arricchirsi di un altro grande predatore che storicamente viveva su tutto l’arco alpino.
Il timore, però, è che ci sia una nuova ondata di persecuzioni da parte dei contadini, supportati da una Provincia dal “grilletto facile”; non sarebbe la prima volta… basta leggere alcuni miei vecchi post per capire il problema:
– Orsi, aironi, cigni… BANG!!!
– Alè… adesso è il turno delle marmotte!
Il problema dei grandi predatori, esagerazioni a parte, è purtroppo un problema reale; tra caccia e distruzione dell’habitat (in favore di pascoli e strutture per il turismo), negli ultimi 15 anni la fauna selvatica ha subito un drastico calo. Mia madre ricorda che quando insegnava a Malles, in Val Venosta, ogni mattina dal treno vedeva fagiani e caprioli a decine nei prati che costeggiavano la ferrovia, ma ora non è più così. Cosicché il timore, parzialmente fondato visti i precedenti con l’orso, è che ci siano quasi esclusivamente razzie di animali domestici (pecore, galline, ecc.). Speriamo bene…
Rassegna stampa: Alto Adige del 12/05/2006
Credo non mi fosse mai capitato di essere sul giornale senza essere l’autore dell’articolo. In passato ho fatto parte per breve tempo della redazione de “Il Mattino” (poi, fortunatamente, ho trovato un lavoro semiserio) e diverse volte ho mandato lettere per esprimere la mia opinione su vari argomenti. Ma è la prima volta che il mio nome è fra quello dei protagonisti di un articolo! :clap:
Fotoclub Immagine
scatti in movimento
MERANO. Stasera e domani, alle 20.30 presso la Sala civica, appuntamento con la fotografia organizzato dal fotoclub “Immagine” della nostra città. All’insegna del “Digital Slide Show”, anziché la tradizionale mostra fotografica, si darà vita, così come indica il titolo, ad una serie di proiezioni in dissolvenza incrociata. Il programma allestito dai soci del club fotografico guidato da Franco Ferrari s’annuncia particolarmente interessante e creativo poiché le fotografie potranno avere svariate transizioni e movimenti con l’accompagnamento di musiche appropriate. Ogni autore si è espresso nel campo a lui più congeniale dal paesaggio alla figura, dalle riprese di backstage alla ricerca vera e propria, come si vedrà nelle immagini di Mario Saiani in un insieme di corpi femminili, galassie e costellazioni dell’universo, oppure in quelle di Franco Ferrari che durante le riprese di un film girato a Merano, ha fermato le fasi salienti e significative della storia del confino nella nostra città del pittore Bartolini. Tony Rizzolo con immagini dall’Argentina sempre molto spettacolari, Paolo Tosi con altre particolarmente poetiche di un “Autunno Piemontese” nella nebbia. Poi, Fabrizio Giusti con fotografie autunnali, Giorgio Perbellini con una serie di riprese di volatili in libertà scattate al biotopo di Lana, Remo Forcellini con “Inverno”, il ghiaccio di Lazago. Nella seconda serata, accanto a Marco Pantozzi con New York 2005, seguiranno autori di altri fotoclub provenienti da altre città italiane. E questa è un ulteriore particolarità di questo incontro con la fotografia. Gli ospiti saranno, Andrea Figallo con “Antologia”, Giuliano Nodari con “Unfinished” e “Red Light Means Go”, il Fotoclub Pusiano sarà presente con riprese a Matera, il fotografo Ivan Cimadoro con “Di mare, di terra e… di sassi” e “Fuochi d’artificio a Pusiano”, Marco Putzolu con “Aereisentieri” e “Venezia e Burano”. L’invito degli organizzatori è rivolto a tutti quanti sono curiosi nei confronti di questo nuovo modo di fare fotografia. Per chi volesse partecipare all’attività del fotoclub Immagine lo può fare rivolgendosi direttamente ai soci che ogni giovedì sera si trovano nella sede, nella scuola Giovanni Pascoli di via Vigneti 3. (gi.bo.)
Ok… ok… non è un granché… però è un inizio! 😛