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Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Due passi in Val Roseg
Era l’ormai lontano ottobre 2007 quando per la prima volta sarei potuto andare a fare la mia primissima uscita fotografica nella meravigliosa Val Roseg in Engadina (Svizzera). In quell’occasione i miei compagni di viaggio sarebbero dovuti essere Paolo, Fabrizio, Andrea e Maurizio, ma le cose non sono andate come avrebbero dovuto ed alla fine, causa impedimenti personali, ho dovuto abbandonare il gruppo e rimandare la mia visita a data da destinarsi.
Da quel giorno avrei avuto altre possibilità, sia in compagnia di amici che con il Fotoclub Immagine che a suo tempo frequentavo, ma alla fine ho sempre rinunciato.
Da tempo aspettavo quindi l’occasione giusta che per un motivo o per l’altro sembrava non arrivare mai. Ma come scritto un paio di post fa, da poco ho acquistato un Mercedes Vito Marco Polo e come meta per la prima uscita famigliare abbiamo scelto proprio di andare a Pontresina, il paese da cui diparte il sentiero per la bella Val Roseg.
Questo luogo è molto conosciuto, soprattutto tra i fotografi naturalisti, per il “bosco delle cince” e per l’estrema confidenza con l’uomo da parte dei suoi abitanti. Cince sì, ma anche nocciolaie, picchi muratori, scoiattoli ed altri animali che abitano questi boschi.
Il tempo purtroppo non era molto; probabilmente sarebbe stato meglio andarci durante il ponte di Ognissanti, ma il campeggio che avevamo individuato chiudeva di lì a breve e quindi abbiamo optato per partire un sabato mattina di metà ottobre per tornare poi la domenica pomeriggio. Siamo arrivati a Pontresina intorno alle 14.00 e dopo aver parcheggiato il Vito ci siamo subito incamminati verso la Konzertplatz, una radura in mezzo al bosco dove si trova la maggior concentrazione di uccellini e dove già erano presenti diverse famiglie con bambini intente a foraggiare i volatili.
Ho realizzato vari scatti, ma dato il poco tempo a disposizione ho voluto anch’io godermi quel momento, lasciando invece un po’ da parte l’aspetto fotografico: vedere uno, due, tre piccoli esserini che ti si posano sulla mano in cerca di cibo è qualcosa che ti spalanca il cuore 💕e ti fa dimenticare per un attimo lo stress quotidiano.
Per tutti noi è stata una grande emozione: è bastato tirar fuori il sacchetto con i semi per vedersi subito avvicinare da moltissimi uccellini, in particolare cince bigie e cince more, che non si sono fatti alcun problema nell’accettare il cibo dalle mani di sconosciuti, anche se per la prossima volta è il caso di prendere nota delle loro preferenze alimentari: semi di girasole per tutti! 😅
Il sole è purtroppo calato molto presto; nonostante i suoi 1800m di altitudine, la Val Roseg è circondata da monti piuttosto alti che già verso le 16.00 hanno celato il sole, rendendo piuttosto difficile ottenere buoni scatti, anche se qualcosa l’ho comunque portato a casa…
Per le prossima occasione dobbiamo prevedere un fine settimana lungo, partendo il venerdì in modo da avere l’intero sabato a disposizione, non solo per la visita alla Konzerplatz, ma anche per un’escursione lungo la bella valle che per questa volta abbiamo dovuto rimandare.
Avremmo voluto sfruttare la domenica per una passeggiata verso il Roseg Gletscher, ma purtroppo come da previsioni la giornata è stata fredda e piovosa ed abbiamo quindi deciso di ripartire per Merano già in mattinata.
L’Engadina in ogni caso non è solo la Val Roseg. Il paesaggio in questa valle svizzera è ovunque incantevole, persino nel posto che abbiamo scelto per trascorrere la notte. Il camping Morteratsch si trova a circa 5km dal centro di Pontresina lungo la strada che porta al passo del Bernina; si affaccia su due incantevoli laghetti, è attraversato da un tranquillo ruscello e circondato dalla Natura. Non mi stupisce quindi che in questo contesto la notte sia trascorsa accompagnata dal bramito dei cervi e che al nostro risveglio fossimo circondati dagli scoiattoli che venivano a cercare cibo nei pressi delle piazzole.
E per finire assolutamente degna di nota è anche la strada del Passo del Forno che collega l’Engadina alla Val Monastero attraversando in parte il Parco Nazionale Svizzero; in alcuni luoghi il paesaggio ricorda molto le foreste del Nord Europa e non è raro lungo il percorso imbattersi in animali selvatici al pascolo. Sulla strada del ritorno abbiamo infatti avuto la fortuna di imbatterci in diversi gruppetti di camosci, alcuni dei quali piuttosto confidenti che, lasciato il furgone lungo la strada, si sono lasciati avvicinare a piedi per qualche scatto in una bella cornice autunnale.
Arrivederci Engadina, ci rivediamo tra qualche mese!
La riserva della Feniglia
Esistono in Italia dei luoghi dove la Natura è in pace con l’uomo; la Maremma Toscana è certamente uno di questi luoghi e di essa fa parte anche il Tombolo della Feniglia, una sorta di cordone di sabbia che percorre il lato sud della laguna di Orbetello collegando l’entroterra con il Monte Argentario. Il tombolo, o Duna della Feniglia, si sviluppa per circa 6 km ed è costituito da spiaggia con vegetazione litoranea sul lato sud, da un’imponente foresta di pini nella parte centrale e da una fascia tipicamente lagunare sul lato nord.
Quest’estate ho trascorso con la famiglia una decina di giorni sulla laguna di Orbetello ed ho avuto anche alcune occasioni per trascorrere qualche ora nella riserva. La mia prima visita si è svolta nel corso di un Tour in mountain bike attorno alla laguna, senza fotocamera (avevo solo l’iPhone con me), nel corso del quale non però ho avuto modo di apprezzare a pieno il valore naturalistico della Feniglia.
All’inizio del percorso, dopo poche centinaia di metri venendo dall’Argentario, si trova subito un cartello illustrativo ed un capanno di osservazione dal quale, in realtà, non ho visto praticamente nulla se non alcuni anatidi in lontananza. In compenso ho sentito molto bene le le zanzare (pessima idea andarci nel tardo pomeriggio senza protezione!) e le cicale che, proseguendo con la pedalata, mi si lanciavano letteralmente addosso. Più avanti la cosa si è invece fatta più interessante e lungo la laguna ho notato diversi gruppi di cavalieri d’italia accompagnati da gabbiani ed altri limicoli non meglio identificati.
Ma è solo quando sono arrivato verso l’uscita della riserva che ho assistito ad una scena inaspettata: una signora con la figlia offrivano della frutta ad un gruppo di femmine di daino con i piccoli che si avvicinavano apparentemente senza alcun timore; le due mi hanno poi invitato ad avvicinarmi e fare lo stesso… che emozione!
Qualche giorno dopo, svegliandomi di buonora, ho raggiunto nuovamente la riserva Duna della Feniglia, questa volta in auto e con scopi fotografici; poiché però l’intero percorso si sviluppa appunto su circa 6km ho pensato bene di utilizzare ancora una volta la mia mountain bike per gli spostamenti.
Il sole non era ancora sorto, il cielo era terso e sulla laguna regnava una grande calma. Ho deciso inizialmente di provare un appostamento all’interno del capanno di osservazione dove ho atteso qualche ora (stavolta con dosi abbondanti di Autàn! 😬 ), ma gli unici soggetti che sono riuscito ad osservare e ritrarre sono stati una garzetta che ha trascorso almeno un’ora sulle salicornie, una famiglia di volpoche ed un guardingo porciglione con prole al seguito.
A metà mattina ho deciso di spostarmi lungo la laguna per altre osservazioni. Devo dire che muoversi in bicicletta con lo zaino sulle spalle ed il 300mm imbracciato era tutt’altro che comodo… forse a piedi sarebbe stato più semplice, ma pace. Mi sono fermato più volte per fotografare, anche se un po’ da lontano, alcuni giovani cavalieri d’Italia; e con loro ho visto garzette, aironi, piro piro, un chiurlo ed altri rappresentanti dell’avifauna locale.
Avendo con me la fotocamera oramai l’idea era però quella di raggiungere l’ampia radura in cui si trovavano i daini per fotografarli da vicino; così ho seguito il percorso naturalistico fino alla fine giungendo in loco ancora con una bella luce radente e riuscendo quindi a fare un po’ di scatti agli ungulati che però rimanevano ad una certa distanza.
Anche questa volta erano presenti solo femmine con i cuccioli; i maschi, mi ha detto la ragazza qualche giorno prima, tendono a rimanere nel folto del bosco.
Tutt’altra situazione invece l’ho trovata la sera stessa, quando ho pensato di portare anche mia moglie e mio figlio a vedere i daini ed a provare a dar loro da mangiare.
Acquistata un po’ di frutta nel supermercato del campeggio, intorno alle 18.00 ci siamo diretti verso Ansedonia, parcheggiando questa volta l’auto proprio vicino all’ingresso della riserva dove si trovano i daini. Una delle femmine, non appena visto il sacchetto con il cibo, si è precipitata verso di noi prendendo ben volentieri albicocche ed altra frutta dalle mani di Riccardo, tutto felice per l’incontro!
Non sono certo che sia giusto questo rapporto così “amichevole” tra fauna selvatica ed esseri umani. Fortunatamente in questo luogo meraviglioso gli animali non corrono pericoli e sono protetti, al contrario di altri luoghi dove il foraggiamento ha purtroppo un secondo fine poco felice per gli animali.
Una mattinata surreale
Riprendo dopo lungo tempo a scrivere sul mio blog per raccontarvi la mattinata surreale che ho vissuto ieri.
Da alcune settimane nel mio salotto fa bella mostra di sé una fotografia di pulsatilla vernalis; si tratta di una foto del calendario dell’albergo Bad Moos che ci è stato regalato lo scorso anno in occasione della nostra vacanza a Sesto Pusteria. Questa immagine mi ha fatto venire la voglia di tornare a realizzare uno scatto simile.
Il 25 aprile di due anni fa alla fine di aprile, durante un’uscita fotografica in alta Val Passiria in località Ulfas, abbiamo trovato un prato con moltissime pulsatille, ma a causa del cielo grigio molte di esse erano chiuse e non sono riuscito a realizzare lo scatto che avrei voluto. Quello qui sotto, realizzato quel giorno con l’iPhone, è solo un esempio di ciò che ho ottenuto quel giorno.
Dato che ieri il meteo dava sole e visto che nei giorni scorsi è nevicato su tutta la nostra regione, ho pensato di alzare la posta: avrei infatti potuto trovare spunti fotografici interessanti con i fiori circondati o parzialmente coperti dalla neve oltre magari qualche incontro fortuito con la fauna locale.
Così ieri mattina mi sono diretto verso Moso in Passiria e poi in località Ulfas dove ho intrapreso una breve escursione. I prati brulicavano di vita nonostante il freddo quasi anomalo per il periodo (-2° circa).
Arrivato al piccolo parcheggio, però, ho cominciato a pensare che non avrei avuto molte chance di ottenere gli scatti che volevo; già intorno ai 1500m era tutto coperto da buoni 10 cm di neve fresca che, salendo leggermente di quota, sono diventati poi quasi 20 cm. Non ero pronto né tantomeno attrezzato per una situazione del genere e quindi ho deciso di desistere e cambiare meta. Peccato, perché proprio nel momento in cui mi sono fermato ho osservato in lontananza un capriolo che saltellava in mezzo alla neve fresca!
Tornato all’auto mi sono diretto verso la laterale valle di Valtina e quindi verso Passo Giovo. Anche qui però la situazione non era molto diversa; non che mi aspettassi di trovare le pulsatille, ma pensavo di raggiungere comunque il limite della neve per fotografare altri fiori come primule, crocus e farfaracci. Purtroppo intorno ai 1000-1200 metri la stagione è già più avanti, mentre salendo di quota la situazione era nuovamente quella vista nella piccola frazione di Ulfas: diversi centimetri di neve fresca che ricoprivano tutto.
Lidi e valli di Comacchio
Sono rientrato domenica da una vacanza di 10 giorni con la famiglia nella Riviera Adriatica e più precisamente da Lido di Pomposa nel comune di Comacchio. Abbiamo scelto questa località in parte per la breve distanza da Merano (circa 4 ore di auto comprese le soste) e in parte per la vicinanza ad alcune aree particolarmente indicate per il birdwatching, consci che il mare non sarebbe stato granché come del resto lo è anche nel resto della riviera romagnola.
Il luogo per me più interessante erano le saline di Comacchio, che da circa 15 anni ospitano la seconda più grande colonia nidificante di fenicotteri rosa del nostro Paese oltre a moltissime altre specie di uccelli stanziali o di passaggio durante la migrazione.
I primi giorni della vacanza sono stati prevalentemente spiaggia e famiglia, mentre la mattina del 4° o 5° giorno (non ricordo bene) ho preso la mia mountain bike ed ho fatto un giro di circa 37 km che dal mare mi ha portato fino alle Valli di Comacchio a ridosso delle ex saline, ora riserva naturale cuore del Parco del Delta del Po.
Già durante questa escursione ciclistica, senza particolari fini se non quello di macinare un po’ di chilometri, ho avuto modo di osservare diverse specie compresi i bellissimi fenicotteri che però si trovavano ad una distanza ragguardevole.
Giunto al Bettolino di Foce, ristorante tipico nonché ufficio informazioni per quanto riguarda le escursioni nelle Valli di Comacchio (qui il sito ufficiale), ho preso alcuni depliant in previsione di un’uscita a scopo ornitologico ed infatti due giorni dopo ho partecipato ad una visita guidata in battello lungo i vecchi canali delle Valli.
Le foto che seguono sono solo alcune delle molte scattate. In diversi casi si tratta di ritagli della foto originale, ma le foto sono per il momento ancora senza postproduzione…
Le uscite in battello vengono effettuate ogni giorno e portano a scoprire la natura del luogo e la storia della famosa pesca alle anguille, che oggi viene praticata in misura molto minore in quanto la specie è a forte rischio. Al giovedì invece si può partecipare ad una breve escursione in bicicletta, rigorosamente accompagnati da una guida ambientale, all’interno dell’area delle saline; qui si possono osservare da vicino le migliaia di uccelli che abitano le Valli e conoscere un po’ di storia anche sul prelievo del sale che avveniva nell’area fino al 1984.
Potevo lasciarmi sfuggire anche questa occasione?
Non sono mancate le osservazioni anche nel campeggio in cui ci trovavamo. Davanti al nostro caravan si aggiravano di continuo alcuni codirossi spazzacamino e molti colombacci. Un po’ ovunque in giro per il campeggio, inoltre, saltellavano gazze e ghiandaie…
Nel complesso, oltre che dal punto di vista familiare, è stata una vacanza abbastanza ricca di osservazioni ornitologiche. Questa la checklist più o meno completa (in grassetto le specie che osservo per la prima volta) più o meno in ordine di apparizione:
- Gabbiano comune (Larus ridibundus)
- Gabbiano reale mediterraneo (Larus michahellis)
- Colombaccio (Columba palumbus)
- Ghiandaia (Garrulus glandarius)
- Gazza (Pica pica)
- Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros)
- Cinciallegra (Parus major)
- Garzetta (Egretta garzetta)
- Airone bianco maggiore (Egretta alba)
- Airone guardabuoi (Bubulcus ibis)
- Airone cinerino (Ardea cinerea)
- Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus)
- Fenicottero rosa (Phoenicopterus ruber)
- Sterna comune (Sterna hirundo)
- Gabbiano roseo (Chroicocephalus genei)
- Beccapesci (Sterna sanvicensis)
- Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus)
- Rondine (Hirundo rustica)
- Volpoca (Tadorna tadorna)
- Chiurlo maggiore (Numenius arquata)
- Svasso maggiore (Podiceps cristatus)
- Germano reale (Anas platyrhynchos)
- Cormorano (Phalacrocorax carbo)
- Marangone minore (Phalacrocorax pygmeus)
- Avocetta (Recurvirostra avosetta)
- Spatola bianca (Platalea leucorodia)
- Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos)
- Piro piro boschereccio (Tringa glareola)
- Gheppio (Falco tinnunculus)
- Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)
- Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides)
- Nitticora (Nycticorax nycticorax)
- Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus)
Oltre a questi, sicuramente c’era qualche passeriforme che però non sono riuscito ad identificare. Si aggiungono quindi 8 nuove specie alla mia personale checklist oltre alle due recenti osservazioni di un cuculo (Cuculus canorus) e di un usignolo (Luscinia megarhynchos), sentiti spesso ma mai visti.
Lungo l’antropizzato Passirio…
In questi ultimi fine settimana io ed Anita ci stiamo dedicando al Passirio, fiume a carattere torrentizio che scende dall’omonima valle e che nel suo ultimo tratto attraversa Merano prima di confluire nell’Adige. Il nostro interesse è rivolto in particolare all’avifauna che popola le sue rive: merlo acquaiolo, ballerine, martin pescatore, limicoli, ma anche capinere, scriccioli, luì ed altri piccoli abitanti del bosco ripariale.
Lo scorso anno, nel tratto compreso tra la zona ricreativa di Lazago ed il campo sportivo di Rifiano, abbiamo trovato diversi angoli interessanti e quest’anno stiamo cercando di sfruttarli al meglio. Le occasioni non mancano, ma l’attività antropica soprattutto nel fine settimana è un fattore di disturbo non indifferente.
Mai come ora mi sono reso conto di come il fiume sia il vero “lido” della città; camminando lungo le sue rive si possono trovare un po’ ovunque installazioni di ogni genere, da semplici sedie a sdraio e tendine piantate su alcune spiaggette ad insediamenti ben più elaborati (per lo più su isolotti al centro del fiume) con tanto di gazebo, giardini e campi da beach volley.
Oggi ad esempio l’attività del merlo acquaiolo è stata disturbata in modo significativo da due ragazzi che attraversavano avanti e indietro il fiume con carriole colme di terra con le quali, al centro del fiume vicino ad uno di questi accampamenti, stanno realizzando qualcosa che sembra un orto o un giardino. Prima di andarmene ho voluto scattare alcune foto documentative con il cellulare…
Tornando comunque a parlare di fotografia, per quanto mi riguarda qualche risultato l’ho già ottenuto, ma sicuramente l’esperienza è tutt’altro che esaurita; abitando in zona, nelle prossime settimane conto di riuscire a dedicarmici in modo piuttosto continuativo sfruttando le ore di luce dopo essere uscito dall’ufficio.
Io e Anita stiamo attendendo con impazienza il momento dell’imbeccata del merlo acquaiolo. Al momento gli animali sono in cova (almeno a giudicare dal viavai del maschio al nido), quindi tra qualche settimana potremmo avere delle belle soddisfazioni.
Finora, come vedrete in un prossimo post, abbiamo fotografato in particolare: piro piro piccolo, merlo acquaiolo, martin pescatore, ballerina bianca, ballerina gialla, luì piccolo, luì grosso, scricciolo. Ma non finisce qui! 🙄
Due passi nei boschi innevati
E’ da un po’ di tempo che sono piuttosto fermo, sia fisicamente che fotograficamente; l’arrivo dell’inverno sarebbe potuto essere un toccasana per qualche giretto sulla neve, ma di fatto si è rivelato una delusione. I meteorologi avevano previsto l’inverno più freddo degli ultimi 100 anni, ma qui in Alto Adige non solo non ha fatto freddo, ma è anche scesa pochissima neve.
Finalmente ieri, dopo qualche settimana di siccità, a Merano è piovuto e quando mi sono alzato questa mattina la neve lambiva Castel Verruca intorno a quota 750m.
Inizialmente il tempo oggi non era dei migliori, ma nel corso della mattinata le nuvole hanno lasciato via via sempre più spazio al sole. Così dopo pranzo ho fatto opera di autoconvincimento ed ho deciso di vestirmi bene, di caricare lo zaino fotografico in auto e di andare a fare un giro nei boschi di Avelengo approfittando della neve fresca caduta nella notte.
Ho scelto Avelengo perché è un luogo che conosco benissimo e che quindi non mi avrebbe dato grossi problemi di orientamento nonostante la neve; e comunque la zona sotto Falzeben, battuta in estate dai fungaioli, in inverno è assolutamente tranquilla a differenza della zona superiore spesso invasa dagli sciatori.
Sono partito da casa intorno alle 14.00 ed in breve ero nel bosco. I primi passi sulla neve, con ai piedi solo gli scarponi, sono stati un po’ faticosi; se non si usano le ciaspole bisogna abituarsi un po’ prima di riuscire a camminare in modo stabile. Ma ben presto il mio passo si è fatto più sicuro e quei 10 centimetri di neve fresca sul terreno non erano più un impedimento.
Dopo una decina di minuti ero solo, accompagnato dal cinguettio degli uccelli e dal vento che soffiava le cime degli alberi facendo cadere a terra la neve. Ad un tratto, camminando lungo il sentiero, sento un rumore… sembra quasi il verso di un gallo cedrone, ma osservando a lungo gli alberi non vedo nulla. Proseguo ancora per qualche decina di metri e dalla cima di un albero decolla un rapace; per forma e periodo con buona probabilità si trattava di un astore (Accipiter gentilis).
Ancora qualche passo e ad una ventina di metri da me qualcosa di abbastanza grosso, all’altezza del terreno, si muove e scende verso il pendio sottostante; non so cosa fosse, ma non avevo possibilità di verificare nemmeno le eventuali tracce lasciate.
Procedo ancora ed arrivo ad un’ampia radura che in estate è adibita a pascolo per le mucche. Dalla cima di un albero sento un richiamo che non conosco; alzo gli occhi e vedo un uccello di colore rossiccio che si alimenta sulle pigne di un abete. Alzo e punto il teleobiettivo: è un crociere (Loxia curvirostra)! Sull’albero davanti a me una ventina di esemplari tra maschi e femmine. La mia checklist quindi si arricchisce oggi con questa specie che non avevo ancora mai osservato in precedenza.
Sono andato avanti ancora di un centinaio di metri, ma poi ho dovuto fare dietrofront; di lì in avanti il sentiero era evidentemente percorribile solo con le ciaspole, come suggerivano le tracce fresche di due escursionisti che son passati di lì poco prima.
Rientrato all’auto ho avuto ancora la fortuna di vedere da vicino (un paio di metri appena) alcune simpatiche cince dal ciuffo. Nel complesso è stata un’uscita piacevole anche se improvvisata.
La stagione fotografica è iniziata… stay tuned!
Checklist osservazioni ornitologiche
Non è mia abitudine annotare le osservazioni fatte; probabilmente non si addice ad un vero birdwatcher, ma effettivamente non mi ritengo particolarmente esperto in tal senso nonostante mi piaccia la fotografia naturalistica. Ecco perché voglio cominciare a scrivermi per lo meno la lista delle specie contattate.
La maggior parte sono osservazioni fatte in Alto Adige; se sono state effettuate altrove lo indico a fianco.
Ad oggi, dunque, ecco la mia personale checklist con il nome comune italiano ed il nome scientifico in latino…
Alzavola – Anas crecca
Anatra mandarina – Aix galericulata (esemplari aufughi)
Cigno reale – Cygnus olor
Fischione – Anas penelope
Fistione turco – Netta rufina
Germano reale – Anas platyrhynchos
Marzaiola – Anas querquedula
Mestolone – Anas clypeata
Moretta – Aythya fuligula
Moretta codona – Clangula hyemalis
Moriglione – Aythya ferina
Oca del Canada – Branta canadensis (esemplari aufughi)
Oca lombardella – Anser albifrons
Oca selvatica – Anser anser
Ardeidi
Airone bianco maggiore – Ardea alba
Airone cenerino – Ardea cinerea
Airone guardabuoi – Bubulcus ibis (Pianura Padana)
Airone rosso – Ardea purpurea
Nitticora – Nycticorax nycticorax
Sgarza ciuffetto – Ardeola ralloides (Colfiorito – PG)
Tarabuso – Botaurus stellaris (Colfiorito – PG)
Laridi
Gabbiano comune – Larus ridibundus
Gabbiano reale – Larus michahellis
Gabbiano reale nordico – Larus Argentatus (Scozia, UK)
Mugnaiaccio – Larus marinus (Scozia, UK)
Sterna comune – Sterna hirundo (Caorle – VE)
Altri acquatici
Cormorano – Phalacrocorax carbo
Strolaga mezzana – Gavia arctica
Svasso maggiore – Podiceps cristatus
Tuffetto – Tachybaptus ruficollis
Uria nera – Cepphus grylle (Scozia, UK)
Rapaci
Allocco – Strix aluco
Aquila reale – Aquila chrysaetos
Astore – Accipiter gentilis
Civetta comune – Athene noctua (Lago di Garda – VR)
Falco di palude – Circus aeruginosus
Falco pecchiaiolo – Pernis apivorus
Falco pellegrino – Falco peregrinus
Gheppio – Falco tinnunculus
Gufo comune – Asio otus (Bibione – VE)
Nibbio bianco – Elanus caeruleus
Nibbio bruno – Milvus migrans
Poiana – Buteo buteo
Sparviere – Accipiter nisus
Trampolieri, rallidi e limicoli
Avocetta – Recurvirostra avosetta (Scozia, UK)
Beccaccia di mare – Haematopus ostralegus (Scozia, UK)
Folaga – Fulica atra
Gallinella d’acqua – Gallinula chloropus
Gru – Grus grus (stormo fotografato da molto lontano)
Pavoncella – Vanellus vanellus
Piro piro boschereccio – Tringa glareola
Piro piro culbianco – Tringa ochropus
Piro piro piccolo – Actitis hypoleucos
Piviere tortolino – Charadrius morinellus
Porciglione – Rallus aquaticus
Voltolino – Porzana porzana
Corvidi
Cornacchia grigia – Corvus cornix
Cornacchia nera – Corvus corone
Corvo imperiale – Corvus corax
Gazza – Pica pica
Ghiandaia – Garrulus glandarius
Gracchio alpino – Phyrrocorax graculus
Nocciolaia – Nucifraga caryocatactes
Taccola – Coloeus monedula
Altri passeriformi
Averla piccola – Lanius collurio
Balestruccio – Delichon urbicum
Balia nera – Ficedula hypoleuca
Ballerina bianca – Motacilla alba
Ballerina gialla – Motacilla cinerea
Beccofrusone – Bombycilla garrulus
Capinera – Sylvia atricapilla
Cardellino – Carduelis carduelis
Cesena – Turdus pilaris
Cincia bigia – Poecile palustris
Cincia bigia alpestre – Poecile montanus
Cincia dal ciuffo – Lophophanes cristatus
Cincia mora – Periparus ater
Cinciallegra – Parus major
Cinciarella – Cyanistes caeruleus
Ciuffolotto – Pyrrhula pyrrhula
Codibugnolo – Aegithalos caudatus
Codirosso comune – Phoenicurus phoenicurus
Codirosso spazzacamino – Phoenicurus ochruros
Culbianco – Oenanthe oenanthe
Fringuello – Fringilla coelebs
Frosone – Coccothraustes coccothraustes
Lucherino – Spinus spinus
Luì grosso – Phylloscopus trochilus
Luì piccolo – Phylloscopus collybita
Merlo – Turdus merula
Merlo acquaiolo – Cinclus cinclus
Migliarino di palude – Emberiza schoeniclus
Passera d’Italia – Passer italiae
Passera europea – Passer domesticus
Passera scopaiola – Prunella modularis
Pettirosso – Erithacus rubecula
Picchio muratore – Sitta europea
Pigliamosche – Muscicapa striata
Rampichino alpestre – Certhia familiaris
Rampichino comune – Certhia brachydactyla
Regolo – Regulus regulus
Rondine – Hirundo rustica
Rondine montana – Ptyonoprogne rupestris
Saltimpalo – Saxicola torquatus
Scricciolo – Troglodytes troglodytes
Spioncello – Anthus spinoletta
Storno – Sturnus vulgaris
Tordo bottaccio – Turdus philomelos
Tordo sassello – Turdus iliacus
Usignolo – Luscinia megarhynchos
Verdone – Chloris chloris
Verzellino – Serinus serinus
Altri
Colombaccio – Columba palumbus
Fagiano comune – Phasianus colchicus (probabilmente introdotto a scopo venatorio)
Gallo cedrone – Tetrao urogallos
Martin pescatore – Alcedo atthis
Picchio nero – Dryocopus martius
Picchio rosso maggiore – Dendrocopos major
Picchio verde – Picus viridis
Piccione selvatico – Columba livia (Gualdo Cattaneo – PG)
Rondone comune – Apus apus
Torcicollo – Jynx torquilla
Tortora dal collare – Streptopelia decaocto
Upupa – Upupa epops
Questo elenco probabilmente è incompleto (sicuramente sto dimenticando qualcosa) e probabilmente ben poca cosa rispetto alle oltre 350 specie contattate da chi ha partecipato al Big year nostrano, ma con 123 specie totali (di cui molte documentate) mi ritengo già abbastanza soddisfatto.
Ora la vera speranza è quella di riuscire, prima o poi, a ritrarle nel migliore dei modi attraverso l’obiettivo della mia fotocamera.
Mimetismo
Non tutti gli animali reagiscono allo stesso modo alla presenza umana. In alcuni casi questo dipende dalla specie, come ad esempio il piviere tortolino (Charadrius morinellus), difficile da trovare ma spesso molto confidente, al punto che i luoghi in cui viene rilevato sono segnalati in modo generico dai birdwatcher per evitare di recare troppo disturbo agli esemplari in migrazione. In altri casi la distanza di fuga varia da luogo a luogo; basti pensare ad esempio ai “folletti” della Val Rosegg in Engadina (cince, scoiattoli, nocciolaie, picchi muratori), conosciuti da quasi tutti i fotografi per la loro confidenza, così come alle marmotte del Passo Gardena che si avvicinano ai turisti fino ad arrivare a mangiare loro dalle mani.
Ma in genere gli animali selvatici non sono così facili da avvicinare e quindi nella fotografia naturalistica, in particolar modo in quella di animali, il mimetismo è una componente spesso fondamentale.
In circa 15 anni di fotografia, anche se solo negli ultimi mi ci sono dedicato in maniera “seria” (anche se sempre a livello amatoriale), ho sperimentato diverse tipologie di mimetismo. Inizialmente ho provato a sfruttare le postazioni fisse nei biotopi con scarsissimo successo, anche perché in Alto Adige sono spesso posizionate in luoghi molto frequentati da persone che vanno a farsi una passeggiata con il cane o a correre, quindi se da un lato possono essere utili a chi fa puro birdwatching, per la fotografia sono spesso inutilizzabili a causa della lontananza dei soggetti.
Girando per i biotopi a volte si trovano postazioni realizzate da altri appassionati con materiali trovati sul posto e/o teli mimetici. In qualche occasione mi ci sono infilato, lasciando naturalmente tutto al suo posto una volta finita la sessione fotografica. Non so se sia considerato lecito o meno, ma credo che se si ha buon senso non dovrebbe essere un problema.
Poi per qualche anno queste postazioni fisse le ho realizzate io stesso insieme ad altri amici, usando teli di colore verde, reti fogliate, stuoie in canna di bambù e, naturalmente, materiale trovato sul posto come foglie, rami, ecc.
Allo stesso tempo avevo comprato anche un capanno portatile Ameristep con sedia incorporata, anche se in molte occasioni è risultato un po’ scomodo per via dell’ingrombro e della necessità di una superficie piana; inoltre la sua dimensione era tale da renderlo abbastanza visibile e per l’avifauna è un elemento spesso troppo distinguibile dal resto del paesaggio (anche perché non mi era possibile lasciarlo in loco in modo da abituare gli animali alla sua presenza).
L’ultimo acquisto fatto, tuttavia, si è rivelato essere la migliore soluzione e che ad ogni uscita mi ha dato delle soddisfazioni. Si tratta di una semplice copertura mimetica in tessuto, dall’ingrombro molto ridotto una volta ripiegata e pratica da trasportare; la sua maggiore peculiarità, tuttavia, sta nell’addattarsi perfettamente alla persona che vi si nasconde senza lasciar intravedere la forma umana né tantomeno forme estranee all’ambiente circostante.
La capacità di mimetismo è davvero eccellente, come si può vedere nella foto qui a fianco nonostante la texture autunnale non proprio adatta alla vegetazione verdeggiante.
A prima vista si presenta come un semplice “lenzuolo” di colorazione mimetica, ma è realizzato appositamente a scopo fotografico: sulla parte frontale c’è un’apertura per l’obiettivo (di dimensioni generose per soddisfare le esigenze di tutti) e poco più indietro un’apertura verso l’alto destinata al flash. Poco sopra, all’altezza degli occhi, è cucita una retina dello stesso colore del telo che permette al fotografo di avere una visione di circa 180° davanti a sè. Sulla sommità, infine, si trova una cucitura di rinforzo a forma circolare studiata appositamente per la testa che permette di indossare il telo senza che si sposti.
Ovviamente questa soluzione non è priva di difetti… il più marginale è che non può essere utilizzato in caso di pioggia (a meno di essere ben equipaggiati sotto), anche se ne esiste una versione impermeabile. L’aspetto un po’ più critico riguarda invece la particolare attenzione che bisogna prestare ai movimenti sotto di esso; ogni movimento rischia infatti di renderci visibili, anche se nelle occasioni in cui l’ho utilizzato si è comunque rivelato più efficace delle altre soluzioni finora adottate.
Un’immagine su tutte, catturata grazie alla copertura mimetica, è quella dell’imbeccata delle upupe. Io e Anita avevamo un’intera famiglia di questi meravigliosi uccelli a 4-5 metri di distanza; abbiamo avuto la fortuna di trovare un campo dove si alimentavano e, nascosti tra gli arbusti o alla base dei noccioli con indosso il telo, siamo riusciti a seguire per lungo tempo gli animali da vicino senza recare loro alcun fastidio.
Questa ed alcune delle foto scattate quest’anno con l’ausilio del telo mimetico (altre le devo ancora postprodurre) le trovate nella gallery “Avifauna”.
Per chi invece fosse interessato al telo in questione consiglio di dare un’occhiata al sito LensCoat nella sezione “accessori” cercando il Kwik Camo o al sito tedesco Augenblicke-eingefangen dove, nella sezione Tarnung/Camouflage, se ne trovano varie versioni.
Il ritorno dei folletti
Erano quasi 4 anni che aspettavo che ritornassero; l’ultima volta che ho visto i folletti della taiga era il gennaio del 2007, quando un folto gruppo si è fermato prima a Laion e dopo qualche giorno nel paese di Cornaiano vicino a Bolzano. Chi li conosce sa sicuramente che sto parlando dei beccofrusoni (Bombycilla garrulus), sicuramente tra gli uccelli più belli che mi sia capitato di vedere.
La loro presenza alle nostre latitudini è quasi sempre legata a periodi di freddo intenso, con conseguente scarsità di bacche, nel nord dell’Europa. In Germania nelle scorse settimane c’è stata una vera e propria invasione che preannunciava il loro arrivo anche a sud delle Alpi. E così è stato. Quest’anno, come quattro anni fa, le segnalazioni si sono moltiplicate.
Quando mi è giunta la notizia che un piccolo gruppetto di una dozzina di individui si trovava a circa 15 minuti di auto da casa mia non ho potuto non approfittarne. Ieri mattina, nonostante un tempo penoso (nebbia, vento e pioggia mista a neve), mi sono recato ad Avelengo dove erano stati segnalati. Le condizioni meteo erano veramente pessime, ma mi han dato la possibilità di fare qualche scatto ai beccofrusoni sotto la neve.
Gli scatti in questione sono sicuramente suggestivi, ma mancano di dettaglio a causa degli ISO elevati. Quindi oggi pomeriggio, dopo pranzo, ho riprovato a dedicarmi a loro ed i risultati sono decisamente incoraggianti. La luce era ottima, il posatoio quasi (altri fotografi, giunti per l’occasione, hanno posizionato appositamente alcune bacche con il risultato di avere delle situazioni un po’ finte) ed i primi scatti che ho rivisto promettono bene. Ve ne propongo qui uno che finisce dritto dritto nella galleria “avifauna”…
La partita non è ancora conclusa perché mi piacerebbe ottenere uno scatto un po’ più dinamico, ma già con gli scatti di questi due giorni sono più che soddisfatto. Per non parlare della gioia nell’aver rivisto, dopo anni, tornare questi stupendi uccelli a far visita alla nostra provincia.
Bentornati amici della taiga!
Incontro inaspettato
Incontro inaspettato ed inedito aggiungo, perché il protagonista di questo incontro lo conoscevo solo di nome, ma non lo avevo presente nella mia mente; solo quando sono arrivato a casa, guardando le fotografie e consultando la guida, sono riuscito ad identificarlo. Parliamo del voltolino (Porzana porzana), un piccolo rallide migratore piuttosto raro da osservare che nella mia ignoranza inizialmente avevo scambiato per un porciglione (Rallus aquaticus).
Di ritorno da Velturno, dove con Anita, Eleonora e Massimo siamo andati a fotografare le pulsatille ho deciso di fermarmi a vedere se trovavo il martin pescatore.
Stavo osservando e fotografando dalla macchina un giovane airone cinerino lungo i canali d’irrigazione nelle campagne di Postal/Gargazzone, quando dietro di lui spunta un piccolo gallinaceo. All’inizio pensavo appunto fosse il “solito” porciglione, ma mi sembrava un po’ troppo confidente, al punto che sono riuscito ad avvicinarmi per fotografarlo anche scendendo dall’auto (cosa che con il porciglione sarebbe stato impossibile).
Poi osservandolo mi son reso conto che era abbastanza diverso perché il becco è decisamente più corto e non si trattava nemmeno di una giovane gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Di cosa si trattava allora? Arrivato a casa, sfogliando le pagine di “Uccelli d’Europa”, ecco svelata la misteriosa identità: voltolino, confermato anche dai birdwatchers della lista locale di EBN Italia.
E’ stata una piacevole sorpresa, perché è un dato interessante per la nostra regione e perché cercando un po’ di informazioni su di lui mi sono imbattuto nel sito uccellidaproteggere.it dove a proposito del voltolino si legge: «Avvistare un Voltolino è un evento memorabile. Nidifica in pochissime zone, e anche in quelle in cui è regolarmente presente ama starsene ben nascosto tra i canneti».
Ho inserito due scatti del simpatico voltolino (di cui uno è quello pubblicato qui sopra) e due del citato airone nella galleria “Avifauna“.