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Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Mimetismo
Non tutti gli animali reagiscono allo stesso modo alla presenza umana. In alcuni casi questo dipende dalla specie, come ad esempio il piviere tortolino (Charadrius morinellus), difficile da trovare ma spesso molto confidente, al punto che i luoghi in cui viene rilevato sono segnalati in modo generico dai birdwatcher per evitare di recare troppo disturbo agli esemplari in migrazione. In altri casi la distanza di fuga varia da luogo a luogo; basti pensare ad esempio ai “folletti” della Val Rosegg in Engadina (cince, scoiattoli, nocciolaie, picchi muratori), conosciuti da quasi tutti i fotografi per la loro confidenza, così come alle marmotte del Passo Gardena che si avvicinano ai turisti fino ad arrivare a mangiare loro dalle mani.
Ma in genere gli animali selvatici non sono così facili da avvicinare e quindi nella fotografia naturalistica, in particolar modo in quella di animali, il mimetismo è una componente spesso fondamentale.
In circa 15 anni di fotografia, anche se solo negli ultimi mi ci sono dedicato in maniera “seria” (anche se sempre a livello amatoriale), ho sperimentato diverse tipologie di mimetismo. Inizialmente ho provato a sfruttare le postazioni fisse nei biotopi con scarsissimo successo, anche perché in Alto Adige sono spesso posizionate in luoghi molto frequentati da persone che vanno a farsi una passeggiata con il cane o a correre, quindi se da un lato possono essere utili a chi fa puro birdwatching, per la fotografia sono spesso inutilizzabili a causa della lontananza dei soggetti.
Girando per i biotopi a volte si trovano postazioni realizzate da altri appassionati con materiali trovati sul posto e/o teli mimetici. In qualche occasione mi ci sono infilato, lasciando naturalmente tutto al suo posto una volta finita la sessione fotografica. Non so se sia considerato lecito o meno, ma credo che se si ha buon senso non dovrebbe essere un problema.
Poi per qualche anno queste postazioni fisse le ho realizzate io stesso insieme ad altri amici, usando teli di colore verde, reti fogliate, stuoie in canna di bambù e, naturalmente, materiale trovato sul posto come foglie, rami, ecc.
Allo stesso tempo avevo comprato anche un capanno portatile Ameristep con sedia incorporata, anche se in molte occasioni è risultato un po’ scomodo per via dell’ingrombro e della necessità di una superficie piana; inoltre la sua dimensione era tale da renderlo abbastanza visibile e per l’avifauna è un elemento spesso troppo distinguibile dal resto del paesaggio (anche perché non mi era possibile lasciarlo in loco in modo da abituare gli animali alla sua presenza).
L’ultimo acquisto fatto, tuttavia, si è rivelato essere la migliore soluzione e che ad ogni uscita mi ha dato delle soddisfazioni. Si tratta di una semplice copertura mimetica in tessuto, dall’ingrombro molto ridotto una volta ripiegata e pratica da trasportare; la sua maggiore peculiarità, tuttavia, sta nell’addattarsi perfettamente alla persona che vi si nasconde senza lasciar intravedere la forma umana né tantomeno forme estranee all’ambiente circostante.
La capacità di mimetismo è davvero eccellente, come si può vedere nella foto qui a fianco nonostante la texture autunnale non proprio adatta alla vegetazione verdeggiante.
A prima vista si presenta come un semplice “lenzuolo” di colorazione mimetica, ma è realizzato appositamente a scopo fotografico: sulla parte frontale c’è un’apertura per l’obiettivo (di dimensioni generose per soddisfare le esigenze di tutti) e poco più indietro un’apertura verso l’alto destinata al flash. Poco sopra, all’altezza degli occhi, è cucita una retina dello stesso colore del telo che permette al fotografo di avere una visione di circa 180° davanti a sè. Sulla sommità, infine, si trova una cucitura di rinforzo a forma circolare studiata appositamente per la testa che permette di indossare il telo senza che si sposti.
Ovviamente questa soluzione non è priva di difetti… il più marginale è che non può essere utilizzato in caso di pioggia (a meno di essere ben equipaggiati sotto), anche se ne esiste una versione impermeabile. L’aspetto un po’ più critico riguarda invece la particolare attenzione che bisogna prestare ai movimenti sotto di esso; ogni movimento rischia infatti di renderci visibili, anche se nelle occasioni in cui l’ho utilizzato si è comunque rivelato più efficace delle altre soluzioni finora adottate.
Un’immagine su tutte, catturata grazie alla copertura mimetica, è quella dell’imbeccata delle upupe. Io e Anita avevamo un’intera famiglia di questi meravigliosi uccelli a 4-5 metri di distanza; abbiamo avuto la fortuna di trovare un campo dove si alimentavano e, nascosti tra gli arbusti o alla base dei noccioli con indosso il telo, siamo riusciti a seguire per lungo tempo gli animali da vicino senza recare loro alcun fastidio.
Questa ed alcune delle foto scattate quest’anno con l’ausilio del telo mimetico (altre le devo ancora postprodurre) le trovate nella gallery “Avifauna”.
Per chi invece fosse interessato al telo in questione consiglio di dare un’occhiata al sito LensCoat nella sezione “accessori” cercando il Kwik Camo o al sito tedesco Augenblicke-eingefangen dove, nella sezione Tarnung/Camouflage, se ne trovano varie versioni.
Falena sul terrazzo di casa
Qualche volta per fare fotografia naturalistica non serve andare tanto lontano: basta un parco cittadino, un prato vicino casa… perfino il giardino condominiale per trovare vita animale, per quanto piccola essa possa essere. Ma a volte capita anche di avere la fortuna di avere ospiti inaspettati anche sul terrazzo di casa.
Nel mio caso, ad esempio, quasi ogni giorno vengono a trovarmi sul terrazzo cinciallegre, cinciarelle, passeri, merli e recentemente anche verdoni che sostano sul mio ulivo sul quale gli faccio a volte trovare semi ed altre delizie adatte a loro. Ma non sono i soli…
Il giorno di Pasqua, mentre dava una pulita ai balconi, mia moglie ha visto sulla rete ombreggiante che abbiamo messo sul parapetto una falena grande almeno 4-5 centimetri. Un po’ schifata ( :asd: ) mi ha chiamato per farmela vedere e quella per me è stata una bella sorpresa; certo l’ambientazione non era delle migliori, ma ogni tanto le cose che raccogliamo in giro tornano utili. L’autunno scorso, infatti, avevo preso un pezzo di corteccia da un castagno tagliato e l’ho portata a casa per farci qualche lavoretto con mio figlio Riccardo. Non avendola ancora utilizzata a tale scopo, mi è tornata utile in altro modo: l’ho avvicinata alla falena e ho toccato delicatamente quest’ultima affinché si muovesse spostandosi sulla corteccia.
La falena sembra aver gradito quel posatoio, spostandosi di buon grado e posizionandosi proprio nel centro del legno.
Non volevo disturbarla troppo, quindi l’ho messa all’ombra (anche se per fotografare la luce non era delle migliori) ed ho inziato ad allestire il set. Che in realtà non era poi così complesso: l’unica fonte di luce non naturale era un pannello riflettente bianco, mentre per il resto l’attrezzatura era costituita dal treppiede, scatto remoto e due obiettivi (il Canon 180mm macro e il Canon 300mm f/2.8).
Ecco uno degli scatti realizzati…
Si tratta di un esemplare di Sphinx pinastri, grossa falena così chiamata poiché il bruco si nutre delle foglie delle conifere. A detta degli esperti del forum di Natura Mediterraneo si trattava con buona probabilità di un soggetto appena sfarfallato.
Se proprio vogliamo essere fiscali, la corteccia in questione non è esattamente quella della pianta ospite, ma è vero anche che nemmeno la ringhiera del terrazzo sarebbe stata proprio il suo ambiente naturale 🙄
Tra i molti scatti ho scelto questo realizzato con il 300mm. La difficoltà nel fare macro con un soggetto così grosso (quasi 2cm tra la punta delle zampe e la schiena) sta nell’avere tutto a fuoco. Con il 180 macro ho ottenuto dei buoni scatti, ma la profondità di campo è ridotta anche a diaframmi molto chiusi; per questo ho scelto di montare il 300mm con il quale ho ottenuto una buona profondità di campo senza sacrificare la qualità dell’immagine.
Buoni risultati dal nuovo capanno
Di recente ho acquistato su web un nuovo capanno fotografico portatile che andasse a sostituire l’Ameristep acquistato alcuni anni fa. Non che quest’ultimo avesse particolari problemi, ma cercavo qualcosa di più flessibile e trasportabile; il capanno Ameristep è comodo, spazioso ed impermeabile, ma pesa parecchio e necessita di una superficie piana per essere posizionato oltre ad essere un po’ grande e dalla forma riconoscibile. Ecco perché ho deciso di fare un tentativo con il capanno/poncho mimetico Kwik Camo® della Essential Photo Gear, appositamente studiato per l’utilizzo fotografico, che a detta di molti offre risultati eccellenti. In effetti, se si guarda la foto a lato, la resa mimetica è piuttosto buona.
Di fatto il capanno in questione è una sorta di lenzuolo (non impermeabile dunque) molto leggero ed adattabile, con aperture per l’obiettivo della fotocamera, per il flash e può essere usato anche come poncho grazie a delle aperture laterali da cui possono uscire le braccia. Inoltre sulla parte superiore, all’altezza degli occhi, è dotato di una retina (anch’essa con disegno mimetico) che permette di vedere all’esterno. L’unico neo è costituito da una certa difficoltà nel muoversi all’interno e dal fatto che i propri movimenti possono essere rilevati dagli animali, ma almeno in questo mio primo tentativo si è rivelato comunque efficace!
Era più di un mese che, tra un malato e l’altro in famiglia (maledetta influenza!), non riuscivo a prendermi il tempo per qualche scatto. Così ieri mattina, svegliatomi di buon’ora, ho deciso di imp0rovvisare un’uscita e provare il nuovo acquisto sul campo per testarne l’efficiacia. Dopo qualche difficoltà iniziale per il posizionamento, sono riuscito a piazzarmi a ridosso di un albero di acacia i cui rami offrivano una sorta di continuità al disegno Realtree del capanno.
Ben presto il laghetto del biotopo si è popolato di germani reali e cormorani e dopo poco più di un’ora di attesa, un bellissimo adulto di airone cinerino (ardea cinerea) si è posato proprio sul ramo che stavo inquadrando. Ho colto subito l’occasione e l’immagine che ne è uscita è forse il mio migliore scatto di sempre a questa specie…
Di questo scatto mi piace molto la luce radente del primo mattino, il piumaggio dell’uccello ben evidenziato (compreso il ciuffetto nero sul capo) e lo sfondo dove, sfuocato, è presente anche un cormorano che nuota placidamente sull’acqua. Purtroppo, come in altre occasioni, la mia fretta nello scattare ha reso l’esemplare sospettoso, tanto che dopo nemmeno un minuto si è spostato su di un diverso posatoio ad una ventina di metri più in là. Ma già così mi ritengo più che soddisfatto!
Ad ogni modo la mattinata era ancora lunga e volevo mettere ulteriormente alla prova il nuovo acquisto. Più di una volta, nei pressi del ramo dove ho fotografato l’airone, si era fatto vedere un tuffetto. Così, quando più tardi gli aironi si sono involati a causa del rumore di una motosega lì vicino, ho colto l’occasione per avvicinarmi ulteriormente alla superficie dell’acqua (nel limite del possibile dato che la riva è invasa dai rovi) nella speranza di vederlo ripassare. La nuova postazione era molto vicina all’acqua, ma con il tuffetto purtroppo non ho avuto la stessa fortuna in quanto lo stesso si era spostato dalla parte opposta del laghetto.
In compenso a pochi metri da me si è avvicinato un pettirosso che non aveva minimamente notato la mia presenza. E ad un certo punto anche uno dei cormorani si è avvicinato ed è salito sul ramo dov’era posato prima l’airone; sarà stato a non più di 5 metri dalla mia posizione, vicino al punto tale che il moltiplicatore 1.4x che avevo montato sul 300mm per il tuffetto era di troppo. In questa occasione ho constatato la vera limitazione del “capanno”; infatti dopo aver tolto con molta calma il moltiplicatore, nel tentativo di riporlo al sicuro ho fatto qualche movimento di troppo e il cormorano è ridisceso in acqua allontanandosi verso il centro del laghetto. In ogni caso è stato un test assolutamente positivo con il quale ho anche capito quali sono gli errori da non commettere nelle prossime occasioni.
Basta, l’ho comprato!
Sono circa 2 anni che mi voglio togliere lo sfizio di comprare un capanno portatile che mi permetta di piazzarmi un po’ ovunque… la rete fogliata funziona, ma in alcuni casi non abbastanza. Ci anche sono alternative economiche ai capanni (ad esempio ombrelli da pescatore ricoperti con teli mimetici), ma spesso sono poco pratiche e alla fine si finirebbe con lo spendere parecchio.
In commercio invece ci sono diversi prodotti, tutti parecchio costosi ed il più delle volte hanno dimensioni eccessive. Ho girato in lungo e in largo tutti i siti che li vendono e quelli che vanno per la maggiore sono i capanni Ameristep. Così, dopo vari ripensamenti, questa volta ho deciso… e l’ho comprato!
Come funziona? Ecco…
Sul lato ci sono due aperture richiudibili, mentre quella ampia frontale (che non è visibile nell’immagine) ho pensato di chiuderla con una rete ombreggiante mimetica che ho trovato su eBay per poco più di 20 Euro. Sono proprio curioso di provarla ed il primo test penso che lo farò con il merlo acquaiolo… voglio proprio vedere se questa può essere la volta buona.
Che dite… son proprio fuori di testa?? :mad2:
Nuova spesetta
Finalmente mi sono tolto lo sfizio e mi son comprato, tramite un sito germanico che tratta attrezzatura fotografica per naturalisti, le coperture Lenscoat in neoprene mimetico per il 300mm e per il moltiplicatore 1.4x. Ora sto seriamente pensando al capanno fotografico, ma non riesco a trovarne uno che mi soddisfi e quelli decenti (delle misure giuste) costano uno sproposito!
In linea di massima già domani potrebbero arrivarmi questi, che son già un passo avanti. Costo dell’operazione? Un po’ tantino per dei pezzi di gomma: 126 Euro inclusa la spedizione. Ma penso sian molto utili per la fotografia da appostamento…
Sempre più mimetizzato!
Questa volta è Max a mandarmi una foto per la serie “all’opera” e come si può notare son sempre più mimetizzato! :mummy:
A parte il nascondiglio tra le rocce, di cui ho parlato nel post precendente, ultimamente ho riscoperto anche i miei pantaloni da trekking in tinta grigio-verde che aiuta ulteriormente nella mimetizzazione…
Ma ci sono ancora un paio di cose nella mia wishlist:
la copertura mimentica Lenscoat in neoprene per mimetizzare il mio obiettivo… | …e un paio di guanti a 3/4 che coprano le mani, ma che lascino libere le dita per consentire comunque di operare bene sui comandi della fotocamera! |
Lo so che sono un po’ malato, ma… se tutta questa roba esiste, evidentemente c’è chi è più malato di me! 😆