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Fotografia naturalistica di Giorgio Perbellini
Punti di vista
«Sono cresciuto facendo il cacciatore. Tutti i ragazzi e gli uomini del mio popolo erano cacciatori. Noi non rubiamo. Noi andiamo e chiediamo. Sistemiamo una trappola o camminiamo con un arco o una lancia. Possono occorrere anche molti giorni. Finalmente vedi le tracce di un’antilope. Lei sa che tu sei lì, lei sa che ti deve dare la sua forza. Ma si mette a correre e tu la devi inseguire. Correndo, diventi come lei. La corsa può durare ore e, alla fine, ci fermiamo stremati entrambi. Allora le parli e la guardi negli occhi. E’ così che lei capisce che ti deve dare la sua energia, perché i tuoi bambini possano sopravvivere. L’allevatore dice di essere più progredito dei cacciatori primitivi, ma io non gli credo. Le sue greggi non danno più cibo delle nostre. L’antilope non è nostra schiava, non è costretta a portare campanelli al collo e può correre più veloce delle mucche, che sono pigre. Noi e la gazzella corriamo nella vita insieme. […]»
Roy Sesana, boscimane Gana
Il testo che avete letto qui sopra è tratto dal discorso di Roy Sesana, leader del popolo boscimano, premiato a Stoccolma con il “Right Livelihood Award” alla fine del 2005. Ho letto la storia dei boscimani sull’ultimo numero della rivista Oasis (n. 171/2007 di agosto-settembre) e mi ha affascinato molto.
Il discorso di Sesana mi ha fatto riflettere sul rapporto che le società c.d. “avanzate” hanno con l’ambiente e gli animali. E mi hanno fatto pensare a quanto più genuino è avanzato sia in tal senso il pensiero di popolazioni come quella dei boscimani!
Per approfondire la questione boscimana, vi rimando alle pagine dell’associazione Survival, che viene citata proprio nell’articolo in questione:
http://italia.survival-international.org/tribes.php?tribe_id=131